
Si sente “giudicata” perché il medico cattolico non le dà la pillola del giorno dopo
«Mi sono sentita come se la mia decisione di non avere un figlio fosse giudicata. Una decisione presa da me e dal mio fidanzato. Siamo giovani e abbiamo appena comprato casa. Chi è lui per dirmi se devo avere un figlio oppure no?».
Melissa Pont, una ragazza di 23 anni, si è rivolta con queste parole ai media della Nuova Zelanda, sollevando un caso in merito all’obiezione di coscienza sulle pillole abortive. La donna voleva che il medico Joseph Lee le prescrivesse la pillola del giorno dopo e, davanti al rifiuto di quest’ultimo, ha deciso di rivolgersi alle testate giornalistiche del paese.
Il medico, cattolico, ha tutto il diritto a non acconsentire alle richieste della giovane, ma questo banale fatto è stato travolto dal clamore mediatico sulla vicenda. Così come, altro elemento “dimenticato” nel dibattito, è che Melissa avrebbe potuto benissimo rivolgersi a un altro dottore, cosa che – per una “questione di principio” – non ha voluto fare.
ACCUSATO PER ANGOSCIA. Il rumore dei media è stato tale che Lee dovrà affrontare il giudizio della commissione Salute e Disabilità, con l’accusa di aver generato angoscia nella donna solo per aver agito secondo le sue convinzioni religiose. Se la commissione lo incolpasse, potrebbe essere multato. Ancor peggio: una vittoria della donna rappresenterebbe una seria minaccia alla libertà di coscienza.
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12 commenti
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Il medico in questione non ha applicato solo le sue convinzioni confessionali, ha seguito anche l’etica medica come viene tramandata fin dall’antica Grecia (giuramento di Ippocrate…) Inoltre, la legge gli consente l’obiezione di coscienza. Se la logica, che viene usata spesso a difesa dell’aborto, “la legge lo permette=la cosa è legittima” è valida, è valida per tutto, e non solo per ciò che fa comodo. Se invece non è valida per l’obiezione di coscienza, che diventa, come sembra la signora sostenga, un atto che prevarica la sua libertà, allora detta assunzione non è valida neanche per l’aborto che la signora vorrebbe poter effettuare, che può essere considerato dal medico atto illegittimo e criminale.
si deve solo vergognare, prima come donna, poi come mamma e infine piagnona.
Quando si parla di pillola del giorno dopo, di pillola abortiva e di aborto in generale si sentono sempre dire dai fautori della “scelta ” della donna, frasi come quella della ragazza australiana :”Chi è lui per dirmi se devo avere un figlio oppure no?”. Ma infatti, nessuno ti può dire se devi avere un figlio o no, ma quel figlio l’hai fatto tu, c’è, non si tratta di una decisione che riguardi il futuro, ma il presente di quel bambino in carne ed ossa. A me sembra una constatazione di una evidenza assoluta, ma anche in Italia si usano questi giri di parole, che saltano completamente quel figlio che c’è, per non dover dire l’indicibile, che quel figlio lo si vuole uccidere.
Voglio essere malizioso. Questa ragazza non voleva nessuna pillola (se la voleva veramente si sarebbe rivolta a un’altro medico) voleva assolutamente creare un caso.
Sì, fa molto la figura della bambina dell’asilo. Soprattutto perché, potendo rivolgersi ad altri, non ha voluto “per questioni di principio”. Impari a prendersi le responsabilità di quello che fa.
Un medico non è un edicolante, da cui vai e scegli la rivista che ti piace di più. È un professionista che agisce in “scienza e coscienza” e ha , o dovrebbe avere, sempre un’opzione preferenziale per la vita. Inoltre l’obiezione di coscienza è un diritto fondamentale tutelato da numerose legislazioni. Pertanto bene ha fatto il medico in questione ad esercitare un suo diritto fondamentale, meritoriamente in quanto favorevole alla vita. La ragazzina in questione ha perso un’occasione utile per riflettere su che cosa sia la responsabilità e il rispetto della vita umana.
La reazione della Sig.ra è più che comprensibile e giustificabile. Nessuno obbliga il signore in questione ad esercitare la professione di medico se talune attività non corrispondono ai dettami delle sue convinzioni confessionali. Ma nel momento in cui il signore svolge la sua professione ed è chiamato a fornire un servizio inerente quale prescrizione di un farmaco o, come in questo caso di un contraccettivo, le sue convinzioni personali non possono prevalere rispetto al diritto della Sig.ra di ottenere quanto richiesto, senza essere obbligata a rivolgersi altrove o ad avere disagi di sorta.
Se è per questo, nessuno ha obbligato i due ragazzi a consumare un rapporto in modo diciamo “spensierato”. “Chi è lui per dirmi se devo avere un figlio?” Che cavolo, sono stati LORO a porsi il “problema”, con un rapporto che immagino LIBERO E CONSAPEVOLE. Imparino loro a gestirsi… O forse hanno capito a 23 anni come si fanno i bambini…
Invece, come al solito, la responsabilità della maternità diventa miracolosamente non di chi ha consumato il rapporto, ma del medico (neanche l’avesse messa incinta lui); quindi deve metterci lui la pezza, andando contro la propria coscienza, e il motivo è che loro “hanno appena comprato casa”??? Direbbe Leonardo Manera: EEEEHHH?
Oltretutto, se davvero fosse stato quello il problema, la pillola (che come qualunque contraccettivo NON E’ un farmaco, in quanto non cura alcuna malattia) l’avrebbe accettata eccome da un altro medico. Ma se le si fa notare che poteva averla comunque, diventa un problema “di principio”… Vabbé…
cazzate.
Giusto, anche io mi sento discriminato perché il mio medico non mi ha prescritto i farmaci che IO ho scelto di prendere, in particolare cicuta, arsenico e cianuro… chi é lui per dire che io non possa prenderli??? Solo perché ha studiato un po’ di medicina vuole limitare la mia libertá?
Paolo! Ma capisci che boiate scrivi? Visti i tuoi commenti vedo che non hai il minimo contatto con la realtá.
Il “paese dei diritti”….in quanti lo invocano, in quanti ci vogliono entrare.
E ne uscirono tutti trasformati in ciuchi….
Collodi docet
@ Paolo
Si legga il giuramento di Ippocrate. Il medico in questione non ha applicato solo le sue convinzioni confessionali, ha seguito anche l’etica medica come viene tramandata fin dall’antica Grecia. Inoltre, la legge gli consente l’obiezione di coscienza. Se la logica, che viene usata spesso a difesa dell’aborto, “la legge lo permette=la cosa è legittima” è valida, è valida per tutto, e non solo per ciò che fa comodo. Se invece non è valida per l’obiezione di coscienza, che diventa, come sembra la signora sostenga, un atto che prevarica la sua libertà, allora detta assunzione non è valida neanche per l’aborto che la signora vorrebbe poter effettuare, che può essere considerato dal medico atto illegittimo e criminale.