«La bulimia legislativa del nostro Parlamento – figlia di una cultura “buonista”, formalmente collettivista e sostanzialmente illiberale della classe politica – ha prodotto un’altra legge priva di senso», quella contro il negazionismo. Piero Ostellino sul Corriere della Sera critica «la Commissione giustizia del Senato che ha licenziato un testo che prevede la condanna da uno a cinque anni “a chi nega l’esistenza di crimini di guerra o di genocidio contro l’umanità».
REATO D’OPINIONE. Diciamola tutta allora, attacca Ostellino, «chi andasse in giro a negare quello che hanno fatto Pol Pot in Cambogia e Stalin in Urss (…), l’uccisione di preti, suore e di gente comune (…) passerebbe per matto. Ma chi nega l’Olocausto, come prova di antisemitismo non è matto; è un farabutto». Questo, secondo Ostellino, è il tentativo di dare alla morale e al giudizio storico «una sanzione di legge» finendo così col «perseguire, come reato, un’opinione, per quanto estranea essa sia alla realtà».
MORALITÀ PER LEGGE. L’Olocausto per il giornalista di via Solferino «è stato una delle più grandi e atroci barbarie perpetrate dall’uomo. Di fronte allo sterminio nazista degli ebrei provo un dolore personale come se fra le vittime ci fossero i miei nonni o i miei genitori. (…) Ho ribrezzo, morale e politico, per ogni forma di genocidio, in nome dell’idea di Umanità, non (solo) perché sono antifascista. Ma avrei preferito rimanesse un moto spontaneo, personale e collettivo. E non diventasse prescrizione di legge».