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Articolo tratto dal numero di Tempi in edicola (vai alla pagina degli abbonamenti) – In Senza Patricio, un libro di racconti che ho scritto diversi anni fa, raccontavo la storia di un ragazzo argentino che viveva seguendo l’estate. Si spostava nel mondo sfuggendo l’inverno e cercando sempre il sole, il caldo ma, soprattutto, quella atmosfera unica che corrisponde, ovunque, ai mesi delle vacanze.
[pubblicita_articolo allineam=”destra”]Nel racconto la scelta di quel giovane era una sorta di metafora del desiderio di evitare il diventare adulti. L’estate come condizione quasi naturale di una fanciullezza protratta e di una sfida al tempo. L’estate come stagione della memoria. Nelle famiglie ci si ricorda cosa si è scelto di fare durante le estati vissute, non durante gli inverni. L’estate è viaggio, è scoperta, spesso è iniziazione alla vita e ai suoi piaceri. La fine dell’estate è associata alla malinconia. Le giornate più corte e gli ombrelloni chiusi sono traghetti verso la normalità, la routine. Le strade delle città si riempiono di clacson e di urla, tutti hanno fretta, il tempo diventa una tortura. In fondo è proprio questa la meraviglia dell’estate: la ricongiunzione delle persone con il tempo. Non solo perché si dispone, liberi dal lavoro, di una maggiore quantità di ore per se stessi. Ma perché la lunghezza delle giornate, la possibilità di stare all’aperto, la conquista delle notti sulla spiaggia o a guardare il cielo allungano la percezione del vissuto. Come se d’estate si raddoppiasse il tempo.
Non sono belle le vacanze, è bella l’estate. Che forse è bella anche perché finisce e dunque spinge ad assaporarla con quel misto di eccitazione e di parsimonia che si deve alle cose belle dell’esistenza. L’estate è conoscenza, è viaggio, è relazione umana più facile. Ora che impazzano, pacchiane, le foto estive su Instagram o altrove, ora che tutti mettono in piazza le loro immagini mentre si tuffano o si mettono in bikini, viene voglia di restituire la sua grandezza reale all’estate. Che è, in primo luogo, una condizione intima, un’esperienza di vita, non carne da macello per social bramosi.
Foto Ansa
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