
Non c’è sviluppo senza la fede (o la fame)
La Cina ha una crescita del prodotto interno lordo pari al 7% annuo. Chiunque si rechi in quel Paese racconta di una sfrenata corsa al lavoro e all’impresa molto più grande di qualunque Paese occidentale capitalista. A parte le considerazioni di ordine etico, bisogna sottolineare che i cinesi hanno ancora fame e che questa fame diventa un fattore di affronto della realtà per migliorare la propria condizione. In Italia c’è crisi e al di là dei tentativi più o meno riusciti di uscirne, non si ha la stessa sensazione di grinta, passione, voglia di trovare soluzioni. La sensazione è quella di un Paese un po’ vecchio, che cerca di difendere una posizione acquisita, in generale e molto spesso per categorie e per corporazioni, invece di rimettersi insieme su una forza ideale capace, come in altri momenti della storia, di rendere il Paese unito per affrontare una condizione difficile. C’è chi dice che non ci sia forza più grande della fame per muoversi: la sinistra comunista che parla di riscatto ed è fautrice di sconvolgimenti sociali ed economici mossi dai diseredati; i liberisti che trovano nella ricerca di un puro benessere economico il punto cruciale di una società. Sembrerebbe che anche da noi si sia convinti di questo, che si sia come anestetizzati perché non facciamo la fame e non viviamo le condizioni estreme del Terzo mondo. Peccato, perché la storia ha dimostrato che c’è qualcosa più grande e più forte della fame, qualcosa che fa muovere e uscire dal perbenismo borghese, dal quieto vivere di chi si è fatto da solo, non fa del male a nessuno e difende le proprie cose. Nel nostro Paese la fede è stata sempre più forte della fame, nel senso che ha giudicato anche la fame e ha dettato i modi di risposta. Così dalla fame non è nato un mondo caotico e di sfruttamento, ma una civiltà che ha reso la vita di molti più umana, ha aiutato il progresso scientifico e sociale, ha generato pluralismo, ha reso civili i popoli barbari creando nuovi popoli. Perché oggi la fede è più debole della fame? Perché fa così fatica a generare grinta, passione, intelligenza, a essere criterio di azione sui problemi? Il vero dilemma non è tra centralismo e devoluzione, ma tra fra Cristoforo e don Abbondio.
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