In Nigeria i cristiani convivono da quasi dieci anni con l’idea di poter morire da un istante all’altro, a causa degli attacchi terroristici di Boko Haram, che negli anni scorsi hanno compiuto stragi soprattutto a Natale. Eppure «in questi giorni si respira un clima di grande gioia, perché attendiamo tutti il Signore che sta per nascere». A raccontare a tempi.it un paese ancora teso a vivere l’Avvento immedesimandosi con il fatto cristiano è padre Peter Kamai, rettore del seminario di Jos, nella diocesi nigeriana di Jalingo. «I segni della gioia – continua il sacerdote – sono ovunque, nelle chiese, nelle strade e nei mercati dove le persone si recano a comprare quel che serve ai festeggiamenti».
CRISTO AL CENTRO. Quello nigeriano non ha nulla a che vedere con il Natale occidentale, perché non c’è frenesia, ma tempo per «la preghiera e la condivisione» e «al centro non ci sono le cose materiali, ma Cristo». A dicembre, infatti, le chiese, già normalmente colme, si riempiono più del solito: «Tutti si preparano seguendo i ritiri spirituali e confessandosi, mentre noi sacerdoti predichiamo, celebriamo le funzioni e stiamo nei confessionali. Io, ad esempio, passo lo giornata in una cattedrale affollata di fedeli». In questo tempo poi «si ricevono tanti inviti, ci si incontra più spesso, si vanno a trovare parenti e amici». La gente compie anche «opere di misericordia, visitando gli anziani e i poveri e condividendo con i bisognosi la vita e quanto si possiede. Perché, come spieghiamo ai fedeli, per ricevere Cristo occorre preparare il cuore, altrimenti quando arriva non trova spazio e il Natale passa come se nulla fosse accaduto, senza cambiarci».
«DIO CI SALVA DALLA DISPERAZIONE». La popolazione nigeriana vive l’Avvento come «un tempo sacro» e nemmeno le bombe e gli attentati degli ultimi mesi da parte dei terroristi islamici di Boko Haram hanno scoraggiato la popolazione: «La possibilità di morire fa parte della nostra quotidianità, gli attentati sono la trama della nostra vita da dieci anni, ma siamo lieti e viviamo ogni momento fino in fondo perché sappiamo che c’è l’eternità», spiega il sacerdote. Anzi, è proprio qui la gioia, «nel Dio che si fa uomo per salvarci dalla disperazione e dalla morte eterna». Così il 25 dicembre, quando l’allarme attentati è massimo, in tutte le chiese saranno celebrate funzioni «curate e lunghe anche tre ore, perché per noi è questo il momento centrale del Natale, la celebrazione eucaristica intorno a cui si programma la giornata da passare con gli amici e i parenti, ma anche con i poveri con cui si condivide il cibo, la casa e la gioia di Dio che nasce».
ANCHE I MUSULMANI. Questo clima influenza anche i musulmani, «che attendono il Natale, godendo della gioia contagiosa di questo periodo liturgico». E cosa aspetta per sé padre Kamai? «Una grande festa con Cristo e la comunità. Intanto preparo il cuore a fargli spazio affinché mi riconcili e mi spinga a condividere. Perché la fede senza solidarietà, come dice papa Francesco, è morta e stanca. E poi attendo la Sua benedizione speciale per me e per ciascuno di noi».
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