Moschea a Milano. Le parole di Scola e l’interpretazione (maliziosa) del Caim e dei giornali

Di Redazione
08 Aprile 2014
Il cardinale torna a ribadire il suo sì condizionato al luogo di culto per i musulmani. Ma le sue frasi vengono usate come spot

A margine di un convegno in Università Cattolica, il cardinale arcivescovo di Milano, Angelo Scola, ha scambiato qualche battuta con i giornalisti in merito al progetto di costruire una moschea in città. Scola è tornato a ribadire quanto già affermato in precedenza, sottolineando il fatto che «la libertà di culto non è tale se non ci sono luoghi di culto». Il suo sì alla moschea, così come a un minareto («basta che non me lo fanno in piazza Duomo») è però condizionato da alcune domande che l’arcivescovo non si stanca di ripetere: «Bisogna vedere chi comanda la moschea e a quali condizioni. Se è una comunità reale oppure è un intervento dall’esterno, ad opera di altri paesi».
Il cardinale ha anche puntualizzato che la moschea «deve essere fatta, se deve essere fatta, nel rispetto della storia e della tradizione del paese», quindi le istituzioni devono avere la garanzia «sull’uso del luogo, quale lingua deve praticare l’imam, cosa vuol dire fare iniziative culturali. Problemi che le autorità devono affrontare con accuratezza».

PAESI STRANIERI. La posizione del cardinale è dunque chiara, anche se le sue parole oggi (in particolare da Repubblica) vengono usate per dire che il «cardinale ha detto sì alla moschea». Il che è ovviamente vero, ma questa non è una notizia. le sue affermazioni vengono usate per dire che Scola si oppone al progetto di edificazione di un centro di culto sostenuto da Giordania e Marocco, lasciando quindi il campo aperto per l’altro progetto, quello del Caim, sigla che riunisce diverse associazioni islamiche. Come riporta il Corriere, in realtà, il cardinale non ha dato alcun avallo a questa interpretazione perché, scrive il quotidiano di via Solferino, fonti della Curia spiegano che «Scola non entra nel merito delle questioni e non intende promuovere o bocciare».
Ora, però, leggete cosa ha dichiarato Hamza Piccardo, portavoce del Caim: «Apprezziamo il riconoscimento della comunità islamica milanese. La sua [di Scola] contrarietà a progetti “calati dall’alto” e promossi da paesi esteri è da noi pienamente condivisa». Già, però, poi, lo stesso Piccardo al Corriere spiega che anche nel progetto del Caim sono previsti, dopo una colletta fra i fedeli musulmani, interventi di paesi stranieri. Questa volta, però non si tratta dei moderati governi di Marocco e Giordania, ma di «Qatar, Kuwait e Emirati Arabi Uniti».

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15 commenti

  1. Antonio

    ne abbiamo fatti entrare troppi di ‘sti straccioni. Ora sono in tanti e fanno la voce grossa, pretendono, esigono questo e quello. Hanno sempre più forza politica, più voce in capitolo per le decisioni comuni. Ma si guardano bene dall’offire reciprocità di trattamento nei loro paesi. L’immigrazione di infima qualità ci distruggerà, complice il nostro buonismo.

  2. michele

    Caro taddei, forse non hai capito, ma il primo a chiedere prudenza è lo stesso cardinale!

  3. francesco taddei

    glielo facciano proprio in piazza duomo il minareto! così capisce che la realtà è un pochino più complicata del “volemose bene”.

    1. michele

      Caro taddei, forse non hai capito, ma il primo a chiedere prudenza è lo stesso cardinale!

  4. michele

    La moschea nella tradizione araba è un ibrido. Non essendoci gerarchia, ogni gestore di moschea, o imam, può dare il taglio che vuole alla predicazione. La moschea è sempre stata centro politico o di contesa dottrinale.

    1. Giulio Dante Guerra

      Esatto. Una domanda, a chi mi sa rispondere: che significa, esattamente, Caim? E’ una sigla, o un nome? Siccome, nella Bibbia ebraica, Qayim è la forma originale del nome Caino, non vorrei che, nella seconda ipotesi, data la non trascurabile somiglianza fra le due lingue…

      1. Cecilia

        L’unico che di nome proprio, tradizionalmente, faccia Caim che io sappia è un demone. Un principe, se non ricordo male, ma non sono sicurissima.

        In questo contesto però è una sigla, sta per “Coordinamento Associazioni Islamiche di Milano”

  5. michele

    La moschea nella tradizione araba è un ibrido. Non essendoci gerarchia, ogni gestore di moschea, o imam, può dare il taglio che vuole alla predicazione. La moschea è sempre stata centro politico. Per questo bisogna stare molto attenti, come avverte lo stesso arcivescovo.

    1. augusto

      Michele ha ragione , comunque io permetterei la costruzione di moschee solo quando in tutti i Paesi islamici
      ci fosse la libertà religiosa.

    2. Fran'cesco

      Ma allora non ci vengano a dire che la Moschea e’ il luogo di culto religioso.
      Altrimenti passa che siamo contro la liberta’ religiosa. Che non e’ vero.

  6. Stefano

    Io non le farei costruire a priori…fintanto che nei paesi musulmani e’ vietata la costruzione di una Chiesa Cattolica, fintanto che c’e’ la pena di morte per apostasia, fintanto che e’ vietata la liberta’ di culto nei paesi musulmani. La tolleranza o c’e’ da entrambe le parti altrimenti niente. Bisogna capire meglio l’Islam prima di aprire le porte a queste cose. Tolleranti si, stupidi pero’ no. Se una cosa e’ sbagliata e va contro i nostri principi di liberta’ non la si puo’ accettare sulla base del politically correct. Stiamo rischiando parecchio secondo me.

    1. Fran'cesco

      Secondo me non e’ questione politica ma religiosa.
      Siamo contro la liberta’ religiosa? Direi di no. Ci fa piacere che i musulmani preghino il loro dio/Dio.
      Ho scritto “preghino”, non che facciano politica (a loro modo…).
      Poi se vogliamo mettere delle regole ai finanziamenti (per esempio non devono metter naso i paesi che non tollerano il cristianesimo in casa loro) possiamo anche farlo.

    2. Alessandro

      D’accordissimo. E’ una questione di buonsenso: è così difficile capirla per chi prende le decisioni nel nostro Paese, o caliamo (calano) le braghe perché lo vuole l’Europa? Stupidità o eterodirezione? E nel secondo caso, cui prodest? Secondo me, senza andare troppo lontano, questo permissivismo, culturale, religioso, normativo e comportamentale è funzionale alla voluta trasformazione del cittadino europeo in un caprone ignorante, senza radici né cultura, pieno di paure ed insicurezza. Il debole si governa meglio.

      1. Alessandro

        (d’accordissimo con Stefano ovviamente)

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