«Ha vinto il Caim. Ora però, se fossi nei panni del sindaco Giuliano Pisapia mi farei qualche domanda. Come mai tutti quei soldi per un’area che ne vale molti meno?». Yahya Pallavicini, vicepresidente della Comunità religiosa islamica (Coreis) e imam della moschea al Wahid di via Meda, commenta per tempi.it la graduatoria provvisoria sull’assegnazione delle tre aree che il Comune di Milano ha messo a bando per la costruzioni di nuovi luoghi di culto. L’area vicino al vecchio e abbandonato Palasharp è stata assegnata al Coordinamento associazioni islamiche guidato da Davide Piccardo, a cui fanno riferimento molti immigrati di seconda generazione; lo stabile di via Esterle è andato all’associazione del Bangladesh (altro gruppo legato al Caim); l’ultima area invece, quella di Rogoredo, è finita alla Chiesa evangelica. «Come moschea di via Meda e Coreis abbiamo sostenuto indirettamente la proposta della comunità di via Padova per lo stabile di via Esterle», continua Pallavicini, per nulla soddisfatto. «Eravamo certi di avere le credenziali storico e culturali perché il progetto vincesse il bando. La comunità di via Padova ha dimostrato di sapersi relazionare con gli abitanti di quel quartiere milanese. E credo che questo fattore debba contare più di quello economico».
E invece?
E invece, evidentemente, per il Comune non è così. Premetto che la soluzione di un bando aperto ai diversi culti è una buona idea, sicuramente migliore di quella di realizzare una unica grande moschea a Milano. Sarebbe stato meglio se le tre zone fossero state assegnate a tre distinti interlocutori, ma in questo modo due aree finiscono in gestione al Caim o a una organizzazione collegata. Sono nati da pochi anni eppure sembrano avere il monopolio della interazione del mondo islamico con la politica milanese. È strano, occorre stare attenti anche a questo tipo di monopolio.
Che cosa non va nell’aspetto economico delle diverse offerte?
Era un bando quello del Comune, non un’asta. Come si fa ad accettare una proposta che valuta una zona 200 volte di più rispetto al suo reale valore di mercato? Per il lotto della zona del Palasharp l’offerta economica del Caim prevede un rialzo del 200 per cento rispetto al contributo richiesto dal Comune.
Stiamo parlando di qualche decina di migliaia di euro, non milioni.
Non importa. Questo è un segno di aggressività per sbaragliare la concorrenza, di arroganza. Oppure di ignoranza sulle quotazioni del mercato. Ripeto, era un bando, non un’asta dove vince chi paga di più. E in quanto teologo dico anche che è un atteggiamento poco pio, non corretto per il diritto islamico. Perché fare quel prezzo? Per compensare qualcosa che il bando richiedeva e che probabilmente questi interlocutori non hanno?
Che cosa?
Non basta una capacità economica. Bisogna dimostrare di avere un progetto tecnico e urbanistico solido. Ma in questo basta affidarsi a buoni architetti. Poi bisogna garantire una giusta capacità amministrativa, mostrando anche da dove arrivano certi finanziamenti, e forse questo è già più complicato. Ma soprattutto bisogna dimostrare di essere compatibili con il tessuto urbano esistente. Via Meda o via Padova questo lo hanno già dimostrato, non si può non tenere conto della storia e della cultura di certe organizzazioni.
Il Comune ora dovrà fare tutte le verifiche necessarie per l’assegnazione definitiva delle tre aree. Sarà in grado di garantire controllo e sicurezza?
No. Sono perplesso: da quando il Comune fa questi tipi di controlli? Che esperienza ha? Quali capacità ha per dirsi in grado di controllare come viene gestita economicamente, culturalmente e socialmente una moschea? Non ha nessun esperto. Dovrà rivolgersi alla prefettura, altrimenti non sarà in grado di fare ciò che ha promesso: controllare e verificare che tutto sia in ordine e “pulito”. Per questo dico che sarebbe stato molto meglio rivolgersi a interlocutori che queste garanzie le hanno già date ampiamente sia ai politici sia alla comunità milanese. I rapporti, soprattutto in questo periodo, vanno costruiti nel tempo, la stima si costruisce col perdurare delle relazioni, non con i soldi.
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