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Il Mondiale finisce e a noi già manca Stramaccioni

Da predestinato a zimbello, l'ex allenatore dell'Inter sembrava avere finito la sua parabola nel dimenticatoio. Il suo commento tecnico partecipe e non fazioso è stata una delle sorprese più belle del Mondiale

Andrea Romano
17/12/2022 - 5:52
Sport
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Stramaccioni Di Gennaro
Andrea Stramaccioni, a destra nella foto con Dario Di Gennaro, ha commentato le partite del Mondiale in Qatar per la Rai (foto via Twitter)

Si può diventare la sorpresa di un Mondiale senza scendere in campo per un solo minuto. Perché a volte il racconto di una giocata può essere importante quanto la giocata stessa. D’altra parte lo scriveva anche Borges: «Le più chiare prodezze perdono lustro se non vengono coniate in parole». Un’idea che ha acquistato ancora più valore in questo mese qatariota, dove le seconde voci sono diventate argomento di dibattito, dove l’attenzione per i commentatori tecnici si è mescolata a quella per i calciatori. Fino a sovrascriverla.

L’asciuttezza di Stramaccioni e il barocchismo di Adani

Merito anche di Andrea Stramaccioni, uno che a 46 anni ha già vissuto un’infinità di vite diverse. Calciatore, enfant prodige della panchina, allenatore di top club. E poi ancora promessa non mantenuta, esiliato e infine zimbello. Tutto in un percorso scandito da una narrazione senza mezze misure. O bianco o nero, o santo o eretico. Fino a quando il ragazzo di San Giovanni non è diventato l’ennesima vittima sacrificale di una retorica che ha fretta di creare nuovi miti per poi rovesciarli ancora più velocemente. Le cose sono cambiate con l’inizio della Coppa del Mondo, quando Strama ha dimostrato di cavarsela egregiamente come commentatore tecnico.

Preciso, puntuale, perfetto nei tempi, enciclopedico ma mai saccente, è riuscito a divertire divertendosi, creando uno stile personale che alterna aneddoti e letture di gioco interessanti. Partecipe senza essere fazioso, ha alzato i decibel elettrizzato per la difesa a sei uomini dell’Arabia Saudita contro l’Argentina, ha fatto sorridere raccontando del vezzo del giocatore iraniano di indossare scarpini fucsia e delle conseguenti prese in giro dei suoi compagni. Giorno dopo giorno il suo stile è diventato antitetico a quello di Lele Adani. Asciuttezza contro barocchismo, essenzialità contro sovrastruttura.

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Adesso Stramaccioni non è più un meme vivente

Senza mai invitare lo spettatore ad alzarsi in piedi, senza mai ringraziare la più grande talent scout della storia dopo ogni gol di Messi, Stramaccioni ha ricordato uno dei punti fondamentali del (buon) giornalismo: il protagonista è sempre l’evento, non chi lo racconta agli altri. E forse anche per questo il suo mancato utilizzo nella fase più calda del Mondiale ha assunto le sembianze di un’occasione persa. Poco male, perché Strama la sua rivincita sembra essersela già presa. Contro la sfortuna, che alla sua prima presenza con il Bologna in Serie C1 gli aveva procurato un infortunio al ginocchio così grave da costringerlo a lasciare il calcio giocato. Ma anche contro chi lo aveva tramutato in un meme vivente.

Perché quello che ai tempi degli allievi della Roma veniva raccontato come un predestinato, all’Inter è rimasto imprigionato prima in quel titolo della Gazzetta che lo annunciava come StraMOUccioni (poi replicato con MOUzzarri l’anno successivo), poi nel racconto dell’incontro con Cassano che gli urla: «Strama, Strama, oh, bene bene!». È lì che la sua storia ha iniziato a cambiare. Al resto ci ha pensato il sedicesimo posto conquistato con l’Udinese nel 2015. L’allenatore è stato raccontato come una macchietta. Sopratutto quando ha compiuto il peccato capitale di inseguire il successo nelle periferie del calcio mondiale.

Quei tifosi sotto il ministero iraniano dello Sport per lui

Le parentesi con Panathinaikos, Sparta Praga, Esteghlal e Al-Gharafa sono state raccontate come il ridimensionamento del suo talento, una fuga verso palcoscenici più modesti. Invece Strama era l’Oscar Donadieu raccontato da Georges Simenon in Turista da banane, quello che dice: «Non scappo, io! Vado verso qualcosa». Ed è vero. Perché quando il tecnico ha deciso di rescindere unilateralmente il suo contratto con l’Esteghlal, nel 2019, a causa di ripetute irregolarità nei pagamenti, centinaia di tifosi si sono schierati a difesa dell’allenatore e sono andati a protestare fin sotto la sede del ministero dello Sport di Teheran. Una scena indimenticabile, un rimpianto che il tempo è riuscito a lentamente a lenire. Anche perché ora Stramaccioni sembra aver trovato la sua strada. E la fine anticipata del suo Mondiale potrebbe trasformarsi nell’incipit di una storia molto diversa.

Tags: andrea stramaccionicalcioMondiali Qatarrai
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