
Moggi, il “Bubi” vincente
In uno spot demenziale il povero Sylvester Stallone s’arrampica su una nave, fa fuori una ventina di terroristi per liberare un gruppo di fighetti che, invece di ringraziarlo, lo prendono pure in giro perché si chiama “Bubi”. In pratica, comunica lo spot, non conta niente chi sei o che fai, se poi non hai il nome giusto. Io invece sono convinto che i nomi non contino, ma invece contino gli uomini. E niente mi toglie dalla testa che Moggi, Giraudo e Lippi, se invece che alla Juve avessero cominciato nove anni fa all’Inter (o al Milan), i loro cinque scudetti li avrebbero vinti lì. Qui siamo, al 27° scudetto bianconero. La Juve è poco amata e una delle ragioni è che vince spesso. Il segreto del suo successo è che non si preoccupa se suscita questa gran simpatia nel resto del mondo: fa il suo lavoro e va all’incasso. Gli altri sfottono Moggi e il suo cantilenante modo di parlare, si attaccano agli arbitri e al Palazzo e perdono di vista tutto il resto. Ridono di Bubi, ma non sanno fare come lui.
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