
Good Bye, Lenin!
Il mistero dell’ex voto di Korbuly, il giudice comunista che perseguitò vescovi e suore

Nell’agosto del 1881 a Lourdes arrivò un gruppo di pellegrini slovacchi. «Tornammo a casa arricchiti per tutta la vita», scrisse all’epoca la contessa Gabriela Szápáry, che sull’onda dell’entusiasmo decise di ricreare a Bratislava la grotta delle apparizioni. Così nel 1892 si scelse come luogo la cava di pietra sul colle dove anticamente esisteva già una sorta di «sacro monte» con il percorso della Via Crucis. Sostenuta da molti devoti a Maria, la contessa sistemò la cava dove venne collocata una statua della Vergine di Lourdes offerta dalle operaie di una tessitura. La grotta fu benedetta il 15 settembre 1892, e divenne subito un luogo di pellegrinaggio. Nel 1946 la statua di gesso originale fu sostituita da una nuova in marmo bianco, benedetta dal vescovo Buzalka.
Sopra la grotta fu poi edificata una chiesina dedicata alla Madonna della neve, il cui campanile alto 50 metri fu distrutto nel 1959 perché non superasse in altezza lo Slavín, il tetro monumento ai soldati dell’Armata Rossa che liberarono la capitale slovacca nell’aprile del ’45. Ma – narra la leggenda metropolitana – Dio non si perse d’animo, e col suo senso dell’umorismo brigò perché la statua del soldato sovietico posta in cima all’obelisco comunista avesse la forma della lettera B, proprio come la parola «Boh», «Dio»…
Oggi sono oltre quattromila le targhe commemorative che fungono da ex voto e che tappezzano le pareti dell’anfiteatro ricavato davanti alla grotta. Sulle targhe si leggono suppliche e ringraziamenti di ogni tipo e in varie lingue: c’è chi ringrazia la Vergine per essere scampato alla guerra, chi per essere stato liberato dal campo di lavoro in epoca comunista, un altro per aver trovato l’anima gemella, chi semplicemente prega per passare gli esami universitari, o per la salute. Mescolato tra le migliaia di ex voto consumati dagli anni, ce n’è uno molto particolare: reca una breve iscrizione in ungherese, «Maria aiuta sempre», accompagnata dalla data (1958) e dall’indicazione del donatore, anch’esso secondo la sintassi magiara: Korbuly Pál.

In Slovacchia oggi pochi sanno chi era il giudice Pavol (Pál) Korbuly, e scarne sono le informazioni biografiche reperibili su di lui. Di evidenti origini ungheresi, era nato nel 1906 a Nemesócsa, aveva messo su famiglia nel ’38 e nell’immediato Dopoguerra aveva fatto carriera come giudice nella capitale slovacca, divenendo poi un promotore convinto della giustizia politica comunista nei processi-farsa più importanti dei primi anni Cinquanta, fino a ricoprire l’incarico di direttore della sezione regionale del ministero della Giustizia tra il 1954 e il 1956.
Fu Korbuly a condannare all’ergastolo nel 1950 il vescovo Buzalka, morto di stenti negli anni Sessanta, e con lui i vescovi «traditori» Ján Vojtaššák e Pavol Gojdič, l’eparca greco-cattolico proclamato beato come martire. «Dobbiamo continuare ad agire senza compromessi e con pugno di ferro contro i nostri nemici, senza stare a guardare se indossano i paramenti episcopali oppure no», aveva scritto nel suo rapporto. E fu sempre Korbuly a condannare per «alto tradimento» suor Zdenka Schelingová, la giovane religiosa delle suore della carità che non resse alle brutalità fisiche e psichiche del regime, fu «amnistiata» nel 1955 per evitare che morisse in carcere ed è stata beatificata da Giovanni Paolo II.

Nella seconda metà degli anni Cinquanta, tuttavia, il giudice inflessibile finì in disgrazia, non sappiamo esattamente per quale motivo. Sembra che avesse preso posizione a favore della rivolta d’Ungheria dell’ottobre 1956, soffocata nel sangue, e avesse caldeggiato una riforma del regime. Sta di fatto che nel 1960 lo ritroviamo a sua volta condannato per «sovversione» a 3 anni e mezzo di carcere. E doveva già essersi convertito visto che nel ’58 fece apporre la sua targa in onore della Madonna, con tutti i rischi che ne derivavano.
In quegli anni, raccontano le poche memorie conservatesi, chi fosse passato la mattina presto o la sera tardi presso la chiesa dell’Assunta lungo il viale Blumentál a Bratislava, avrebbe potuto vedere un anziano percorrere in ginocchio una cinquantina di metri fino all’antico crocefisso ligneo, come a chiedere perdono per le ingiustizie commesse che ancora gli pesavano sulla coscienza.
Pavol Korbuly morì il 1° maggio del 1970. Non sappiamo in quale modo fu misteriosamente aiutato dalla Vergine.
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