Miserere, storie di cristiani perseguitati. Quei tre cadaveri davanti alla chiesa-baracca di Nhka Ga

Di Franco Molon
23 Ottobre 2013
Sono i corpi Hkaw Duk, assistente del pastore battista, Yung Hka Khindi, 20 anni, e un altro uomo. Fucilati dall'esercito birmano dopo essere stati torturati e usati per settimane come scudi umani contro i ribelli indipendentisti del Kachin

Pubblichiamo la quindicesima puntata di “Miserere”, la serie realizzata da Franco Molon e dedicata ai cristiani perseguitati. Dopo i racconti di MegapuraHomsAsomatosRegno UnitoSeekaewTrabzonRoggwillSawaJilibCon CuôngBulakipurKemo, Olasitiuna vicenda accaduta a Nhka Ga, Myanmar (Birmania).

I tre cadaveri giacciono buttati sullo spiazzo davanti alla baracca della chiesa. Nessuno dei cinquantatré abitanti rimasti osa avvicinarsi per timore di essere il prossimo. Le mosche coprono di un nero brulichio i segni delle torture e i fori delle pallottole. Hkaw Duk, l’assistente del pastore battista, il giovane Yung Hka Khin di vent’anni e il vecchio sagrestano vivono nella Gloria di Dio senza doversi più curare di rispondere al capitano su dove siano nascosti i ribelli del Kia.

Alle quattro del pomeriggio un elicottero da combattimento sorvola la vallata in appoggio alla colonna di camion che porta truppe di rinforzo al villaggio. Il rumore delle pale sveglia il comandante della guarnigione che, uscito sulla piazza, si accorge che nessuno ha ancora fatto pulizia. L’ufficiale, irritato, sbraita un ordine ai primi soldati che gli capitano a tiro i quali, a loro volta, prendono un contadino di passaggio e lo costringono a sgomberare i corpi dei fucilati.

Ne Maung cerca di sottrarsi al compito, protesta che da solo non può farcela, che ha bisogno, almeno, di un aiuto e di un carretto per portare via i cadaveri. I militari non sentono ragioni, deve farlo adesso, subito, da solo; sempre che non voglia diventare il quarto. L’uomo si sottomette e inizia dal più giovane; prova a trascinarlo per le caviglie ma il corpo è in pieno rigor mortis e la cosa si complica. I soldati urlano di sbrigarsi e uno di loro gli sferra un calcio per sottolineare l’urgenza. Il contadino allora si china e tenta di sollevare il cadavere, punta un ginocchio a terra, infila le braccia sotto la nuca e sotto il bacino e si rialza barcollando.

Una volta tiratosi in piedi con fatica, Ne Maung sente il morto diventare improvvisamente leggero come un soffio di vento. Quattro compaesani sono accorsi ad aiutarlo, senza che lui se ne accorgesse, e stanno ora sostenendo il peso di quel fardello al suo posto. Nessuno di loro osa guardare gli altri negli occhi, tutti stanno in silenzio, con il capo chino sulle spoglie. I militari lasciano fare, indifferenti.

Dai margini del villaggio un uomo si avanza spingendo un carretto a mano; alcune donne lo seguono portando secchi d’acqua e stracci. Il piccolo corteo raggiunge lo spiazzo e gli uomini coricano i resti di Yung Hka Khin sul carro; subito le donne gli si fanno intorno e prendono a lavarlo con i panni bagnati. Poi è la volta di Hkaw Duk e del sagrestano di essere deposti sul pianale. Un ragazzino raccoglie due pezzi di legno e li appoggia, in forma di croce, sopra i cadaveri.

In poco tempo tutti gli abitanti del villaggio si radunano intorno al feretro. I soldati, preoccupati, parlottano tra di loro su come comportarsi e poi decidono di lasciar fare e non intervenire. I giovani del paese iniziano a spingere e tirare il carretto in direzione del piccolo cimitero. Le donne continuano a fare il loro pietoso lavoro camminando al fianco del biroccio. Tutti vogliono posare almeno una mano sui bordi del carro funebre improvvisato. Nessuno parla, nessuno piange, solo i rumori della natura e il cigolio delle ruote riempiono l’aria.

Il corteo imbocca la stretta via che conduce al fondovalle e al camposanto fino a quando si imbatte nella testa della colonna di camion militari che sta risalendo verso la guarnigione. Il tenente che guida la colonna grida di dare strada ma non c’è spazio e i contadini rimangono fermi intorno ai loro morti. L’ufficiale si spazientisce, scende dal mezzo, urla di tornare indietro poi prende la mitraglietta e spara raffiche rabbiose sopra la testa degli abitanti del villaggio che si spaventano e scappano alla rinfusa verso il paese. Il carretto rimane abbandonato sulla strada. Il muso del camion lo spinge nella scarpata.

3 ottobre 2013 – Tre abitanti del villaggio di Nhka Ga (distretto di Putao, a nord della regione di Kachin, Myanmar) vengono uccisi, dopo torture, da soldati del 137esimo battaglione di fanteria dell’esercito birmano. Sono Hkaw Duk, assistente del pastore battista, Yung Hka Khindi di vent’anni e un terzo uomo non identificato. I tre, insieme agli altri 53 abitanti del villaggio, vengono usati per settimane come scudi umani contro i ribelli del Kachin Indipendence Army (Kia). L’episodio si iscrive nel più ampio scenario di una guerra per l’indipendenza della regione dove fattori etnici si mescolano a fattori religiosi. Il 98 per cento della popolazione del Kachin è infatti cristiana, cattolica o battista.

Il video, pubblicato dall’organizzazione protestante Christian Far East Ministry, documenta alcuni episodi della guerra del Kachin durante la quale più di 100 mila civili cristiani sono stati deportati e migliaia sono stati uccisi dall’esercito birmano.

@molonfranco

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