Miserere nobis, Deus, per tutto quel che si sente nelle partite di serie A
Articolo tratto dal numero di luglio 2020 di Tempi. Questo contenuto è riservato agli abbonati: grazie al tuo abbonamento puoi scegliere se sfogliare la versione digitale del mensile o accedere online ai singoli contenuti del numero.
Quando leggerete queste poche, sporche e inutili righe, forse il campionato sarà terminato o forse no. Allora, se il Grifo sarà finito in serie B, tirerò un bestemmione nel chiuso della mia stanzetta, per rispetto di chi divide la casa con me. Ma spero di no, per il Grifo suddetto e per non intaccare il montepremi di Punti Paradiso.
Il lato più surreale di questo campionato estivo è rappresentato dall’incredibile numero di squalificati per bestemmia. Ricordo una famosa partita tra Como e Juventus, con i bianconeri che stavano perdendo a una manciata di minuti dalla fine. Uno del Como sparò una bestemmia. Punizione per la Juve, tiro, rete. La polemica verteva sul fatto che nessuno credeva che, nel casino, pioveva pure, l’arbitro avesse potuto captare l’imprecazione.
Adesso, a porte chiuse, è impossibile non sentire tutto. La bestemmia è una brutta cosa, non voglio certo difenderla, ci mancherebbe altro. La sua sgradevolezza non riguarda solo la religione, è trasversale. Ma, pur senza chiedere un’assoluzione totale (non nominare il nome di Dio invano è il secondo dei Comandamenti, non a caso) invoco le attenuanti generiche.
Un conto sono quelli che usano la bestemmia come intercalare, un altro è un’interista che vede Gagliardini centrare la traversa da tre metri a porta vuota. Miserere mei, Deus: converrai che un bestemmione, perdono no, ma un po’ di comprensione la meriterebbe.
Foto Ansa
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