Tentar (un giudizio) non nuoce

Miracolo Milano: cosa c’è sotto i grattacieli

Di Raffaele Cattaneo
14 Dicembre 2024
Il docufilm di Rampello e Crespi ci permetterà di capire cosa ha reso possibile la crescita della città (e della Lombardia) negli ultimi 25 anni
(foto Ansa)

Tranquilli! So che qualcuno sta già pensando che sotto i grattacieli ci deve essere per forza il malaffare e chissà quante tangenti. In realtà, nel caso di Milano è vero piuttosto il contrario: i nuovi grattacieli sono nati soprattutto sulle aree che erano rimaste bloccate per decenni, a cominciare da Porta Nuova, proprio per la consuetudine delle “stecche” che andava per la maggiore nella politica della Milano da bere. Quello che ha reso possibile la realizzazione dei grattacieli che hanno cambiato lo skyline di Milano è stata l’inversione di questa tendenza proprio negli anni immediatamente successivi a Tangentopoli, in cui, grazie a chi ha governato città e regione, si sono poste le basi dei cambiamenti di cui oggi vediamo i risultati.

Pur vivendo a Varese, vengo a Milano tutti i giorni dal 1981, qui ho fatto persino il servizio militare; in questa città ho cominciato la mia esperienza professionale nel 1987 in Camera di Commercio e dal 1995 sono in Regione Lombardia. Credo di aver potuto godere di un osservatorio privilegiato sui cambiamenti della città, del territorio che la circonda e di tutta la Lombardia. Per questo mi interessa l’iniziativa “Miracolo Milano” di Davide Rampello e Luigi Crespi: raccontare, con il contributo di Gabriele Albertini, di Roberto Formigoni e di tanti altri, attraverso un libro e un docufilm, la metamorfosi della città e della regione negli ultimi venticinque anni.

Cosa è successo in 25 anni

Tutti vedono, ma forse pochi hanno la consapevolezza di che cosa ha reso davvero possibile questo cambiamento. I grattacieli non sono come i funghi: non nascono spontaneamente, ma sono il frutto di un contesto politico, amministrativo, normativo e operativo che li rende possibili. Così come quando si costruisce una casa, prima delle finiture, dell’imbiancatura e dei pavimenti, è necessario tirar su muri, posizionare cavi elettrici e tubature, così i grattacieli di Milano sono le “finiture” visibili di un lavoro di infrastrutturazione del territorio fatto in quegli anni, senza il quale nulla sarebbe stato possibile.

Gli ultimi 25 anni, infatti, sono stati anche gli anni del nuovo aeroporto di Malpensa, del passante ferroviario, dell’Alta Velocità ma anche delle linee ferroviarie suburbane; della nascita della nuova fiera a Rho Pero e di Expo; delle linee metropolitane passate da due a sei, delle nuove autostrade come la Brebemi, la Tem, la Pedemontana, le terze, quarte e quinte corsie per sbloccare il traffico come sulla A4; dei centri intermodali, delle opere di regimazione idraulica che hanno impedito a Milano e alla Lombardia di finire sott’acqua come accaduto in altre regioni. Ma anche delle leggi regionali in materia urbanistica e territoriale, che hanno reso possibile la rigenerazione urbana, superando il rigido schematismo statalista degli anni 70.

“Milano da servire”

Quello che mi piacerebbe vedere nel docufilm, oltre alle immagini sfavillanti dei grattacieli della nuova Milano, è anche quella grande infrastruttura sociale che è cresciuta silenziosamente in questi anni a fianco di chi era in difficoltà, grazie alle iniziative del terzo settore, del no profit, dell’associazionismo, della solidarietà spontanea dei lombardi. Un operosità sostenuta anche dalle leggi a favore del no profit volute in tutti questi anni da Regione Lombardia e dagli interventi di tante amministrazioni comunali. È questa miriade di iniziative, spesso invisibili, che ha permesso la tenuta del tessuto sociale, soprattutto nei momenti di difficoltà.

Questo mi auguro sia il miracolo che il progetto racconti, perché quella che oggi vediamo non è la riedizione della “Milano da bere”, di cui poi abbiamo visto purtroppo anche la misera fine, ma il racconto di una “Milano da servire” e che sappia essere al servizio di tutto il Paese.

Sono certo che la sensibilità e il genio creativo degli autori saprà non perdere di vista questi “miracoli”, meno rutilanti ma certamente necessari per armare uno sviluppo che non abbia i piedi d’argilla.

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