Domanda fuori dai denti. Per chi è liberale, personalista, sussidiarista, difensore del diritto naturale contro la prevaricazione del costante abuso di diritto positivo, è il momento o no di tirarsi su le maniche e ricostruire dal basso un punto di riferimento per l’azione civile e politica coerente a queste posizioni, un punto di riferimento che oggi visibilmente manca? Manca nella crisi dei partiti della Seconda Repubblica, e nel declinare sotto i colpi di mille polemiche di leadership personali, che pure a quei valori avevano dichiarato costantemente di ispirarsi, e che cadono tuttavia sotto la polvere dell’incoerenza, e del non aver saputo capire che il declino delle case politiche pretendeva iniziative di discontinuità e adamantine credibilità personali.
Non so voi, ma in questi ultimi mesi mi si rivolgono a migliaia, ponendomi non il quesito sopra esposto, ma l’invito a dargli presto una risposta, una risposta che è “sì”. Non sto parlando ovviamente di me, sto parlando di un’area amplissima che si vede alle corde e senza rappresentanza. Il tempo per la disconitnuità nel Pdl era lo scorso autunno, se qualcuno avesse ravvisato ciò che era maturo ed evidente, cioè la fine dell’agibilità politica del leader fondatore. Ora che la stanca e confusa continuità è prevalsa, la mazzata delle amministrative è solo un’evidente conseguenza di ciò che a chiunque dovrebbe essere chiaro, se ha una qualche pratica della società italiana. La delega di credibilità a quel partito e al suo fondatore, per tornare a governare l’Italia e cioè con numeri e alleanze adeguati allo scopo, è semplicemente caduta e ritirata. Se qualcuno si acconcia a restare in una formazione votata alla sopravvivenza di eletti in attesa delle nuove trovate berlusconiane è naturalmente libero e padrone, ma ciò non ha più nulla a che vedere con un forte rapporto di fiducia con una parte estesa della società italiana.
L’area liberal-moderata, quella che per 18 anni ha di volta in volta sperato e dato voti per meno spesa pubblica e meno tasse, una scelta a favore della famiglia visto che la curva demografica incombe sopra il nostro futuro ancor più gravosamente della minaccia del debito pubblico, uno Stato snello e trasparente che aprisse al welfare di prossimità incentivando dieci volte tanto il terzo settore e chi sa meglio fare perché più vicino alla domanda crescente di una società senza tutele, quella che ha creduto nella riforma della giustizia per avvicinarci ai paesi avanzati e non alle leggi ad personam, quella che si ostina a credere che l’impresa piccola e piccolissima sia un patrimonio di coesione insieme alle medie e grandi che esportano e danno lezione anche ai concorrenti tedeschi – quella Italia oggi è priva di una rappresentanza credibile.
Potete credere che non sia così, perché dalle modifiche dell’ultim’ora alle forze politiche precedenti qualcosa nascerà, e se anche si perderanno le prossime elezioni col tempo si riprenderà probabilmente una strada meno sbagliata, con leadership diverse che hanno bisogno di una severa e brutale sconfitta per emergere.
Potete pensare che sarà intorno a Montezemolo e Passera e Casini, che inevitabilmente prima delle elezioni si troverà una risposta a questa sete di nuova credibilità e rappresentanza.
Potete scegliere un’altra strada, che è quella di immaginare che serva innanzitutto un rassemblement culturale, che riparta dai movimenti e dalle associazioni attuali, rifocalizzandole su contenuti e parole d’ordine liberal-personaliste, ma lasciando che sia la politica a pensare alla politica. Oppure, magari siete convinti che invece no, bisognerebbe proprio pensare a far scendere in campo, intorno ai valori che condividiamo, persone nuove e coerenti e credibili.
La mia proposta è: parliamone. Non sta a me dare riposte. Ma cerchiamo di chiarirci le idee, almeno tra noi. Non facciamo finta che il problema non esista, perché è davanti a noi, gigantesco come il rudere in rovina preannunciato del vecchio centrodestra. Il tempo corre, e per qualunque decisione il tempo giusto era ieri, non domani.