“I temi trattati nel vertice privato e poi esposti nella conferenza stampa si accavallano. Nell’edificio post-moderno a due passi dalla porta di Brandeburgo e dal cuore di Berlino, Mario Monti e Angela Merkel si guardano negli occhi e si confessano i mali dell’Europa. Si dicono che la questione Grecia va risolta. Si interrogano su una “Tobin tax” che sembra allontanarsi e sugli Eurobond che restano un traguardo importante. Poi affrontano la “questione Italia”. Monti mette in fila le «misure dolorose accettate con maturità» dagli italiani e chiede alla Germania di fare la propria parte, di capire fino in fondo l’importanza di dare più forza a un fondo salva-Stati che potrebbe restituire la giusta serenità ai mercati. La Merkel fa qualche passo in avanti, Monti insiste, chiede un impegno maggiore e non nasconde il rischio di spinte populiste e anti-tedesche nel nostro Paese. Poi, davanti a telecamere e taccuini, il premier batte un nuovo colpo: «Non chiediamo ricompense, quello che abbiamo fatto è stato nell’interesse dell’Italia. Chiediamo il riconoscimento del nostro lavoro. L’Europa non deve più temerci come possibile fonte di infezione della zona euro, anzi può oggi contare su un’Italia pronta a fare fino in fondo la sua parte per garantire alla Ue stabilità»” (Avvenire, p. 5).
“Dalla conversazione privata con la Merkel “rimbalza” un’ipotesi allo studio: la Bce potrebbe intervenire direttamente nel fondo salva-Stati portando liquidità inattesa. Questo sarebbe il segnale ai mercati e quello stop definitivo alla speculazione che Monti si attende e sul quale la Merkel comincia a ragionare. Una partita complessa che sarà ripresa il 20, quando la Merkel e Sarkozy saranno a Roma, e tre giorni dopo all’Eurogruppo (appuntamenti sui quali Monti riferirà poi il 25 in Senato)” (Avvenire, p. 5).