Meraviglia. L’attesa congenita che sta all’origine di ogni nostra mossa

Di Pier Paolo Bellini
24 Dicembre 2022
«È dentro noi un fanciullino […] tu sei il fanciullo eterno, che vede tutto come per la prima volta»: Pascoli sapeva che si tratta del cuore umano che spera di poter dire: “Eccoti. Sei Tu!”

Mi sono meravigliato del sifone Firenze, una semplice gobba del tubo di scarico che permette di creare un “tappo d’acqua”, liberando i nostri bagni dai cattivi odori senza così dover separare i servizi dalle case (come succedeva in quella di mia nonna); mi sono meravigliato del fatto che l’azione che compiamo di più (ventimila volte al giorno, sette milioni di volte all’anno) è respirare (e se sgarrassimo anche solo di un minuto… se i polmoni si stancassero… se scarseggiasse l’ossigeno invece che il gas…); mi sono meravigliato vedendo in 3D quanto è piccola la Terra, quanto è piccolo il sistema solare, più o meno quanto un atomo rispetto alla cellula rispetto al nostro corpo, e che tutto questo funziona con un equilibrio cosmico millimetrico… Quanti miliardi di collaborazioni per farci essere qua!

Erich Fromm diceva che per diventare creativi è indispensabile la capacità di essere “perplessi”, una dote che i bambini possiedono: «Tutta la loro faticosa attività consiste nel tentativo di orientarsi in un mondo nuovo, di afferrare il significato delle cose perennemente nuove che apprendono attraverso l’esperienza». Bisogna trattare con cura questa capacità, perché diventiamo grandi e non possiamo “far finta” di essere bambini: l’esperienza è un’arma a doppio taglio. Merleau-Ponty diceva che l’uomo è naturalmente portato a dimenticare «la sua dimensione d’essere»: costruisce teorie sulla base dell’esperienza, ma poi “si dimentica” delle operazioni che compie, e confonde le teorie che costruisce con la realtà originaria da cui è partito per costruirle (che squarcio metodologico sarebbe questa intuizione per i nostri insegnanti, per i genitori, per i sacerdoti!).

Il nostro bisogno di stupirci è congenito, «è dentro noi un fanciullino […] tu sei il fanciullo eterno, che vede tutto con maraviglia, tutto come per la prima volta»: Pascoli sapeva che si tratta dell’attesa del cuore umano che spera di poter dire: “Eccoti. Sei Tu!”.

È così congenita questa attesa che, pur realizzandosi sempre più raramente col moltiplicarsi delle esperienze, sta comunque all’origine di ogni nostra mossa. E l’industria si è ingegnata scaltramente nel produrre meraviglia, nel metterla sul mercato, consumabile e riacquistabile con un clic: una meraviglia plastica cui anche la tecnologia e la politica si piegano con riverenza. È “meravigliosa” l’ultima trovata del Chemsex che trasforma il sesso in pura meraviglia drogata, staccandolo anche dalla coscienza (che invece il bambino ingenuamente custodisce): cose turche che il giorno dopo non ricordi nemmeno di aver provato, da documentare con riprese video che ti facciano meravigliare di te stesso. Che mutazione (mutilazione): la meraviglia bambina, destinata a perdersi nei suoi prodotti!

Mi meraviglio tutte le volte che ascolto il Nyne dei Vespri di Rachmaninov: la storia di Simeone, un vecchio sapiente (che ne ha viste di tutte) che incontra un bambino e intuisce che il filo rosso (quello che congiunge il sifone Firenze, i miliardi di respiri, il macrocosmo smisurato sopra di noi e il microcosmo infinitesimale sotto di noi in incessante, millimetrico equilibrio dinamico)… il filo rosso è tutto, passa tutto attraverso un bambino.

E il servo-vecchio-bambino può andare in pace. Finalmente.

Se qualcuno avesse inventato questa storia sarebbe di per sé un fatto meraviglioso.

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