
Meno religione, più secolarizzazione
Padre Jaeger, perché lei, da cittadino ed elettore israeliano, simpatizza per i liberal ed è uno strenuo difensore dell’assoluta laicità dello Stato?
Perché la laicità corrisponde agli ideali dei fondatori del movimento nazionale ebraico. Il sionismo è infatti anche liberazione dall’establishment dell’ebraismo rabbinico ortodosso, cioè da un ideale e da un modello di vita molto confinati, circoscritti, particolaristici. L’ideale del sionismo è invece la libertà, una vita libera per il popolo ebraico e che si basa sui principi moderni di convivenza liberale, pluralismo sociale e anche religioso.
Mentre oggi in Israele le componenti religiose ortodosse condizionano pesantemente – pensiamo alle difficoltà che stanno creando a Barak nel confronto con i palestinesi – la vita politica e sociale israeliana…
Sì, purtroppo negli ultimi anni la minoranza ortodossa, che era stata trattata con cortesia dalla leadership sionista, si afferma con sempre più militanza e pretende sempre più decisamente di reimporre un regime teocratico al popolo ebraico in Israele, quindi di trasformare il paese da laico a teocratico. Ne vediamo le conseguenze nei risultati delle ultime elezioni parlamentari. Certamente Israele sta vivendo un momento di tensione su questo sfondo, un certo scontro tra il teocraticismo militante e l’originale ispirazione laica della vita nazionale israeliana…
Ma lei è un credente, un religioso, un ecclesiastico, perché non apprezza le correnti ortodosse ebraiche?
E’ un errore pensare che noi in quanto religiosi e credenti apprezziamo di più le correnti teocratiche. La teocrazia è decisamente respinta dal cattolicesimo: noi siamo per la democrazia e, come si dice in Europa, per la “sana laicità dello Stato”. Il cristianesimo e, soprattutto, il cattolicesimo non sopporta le premesse della teocrazia che sarebbe contraria anche al Vangelo. E qui in Israele abbiamo almeno due buoni motivi per essere accanitamente laici riguardo al governo della società. Prima di tutto per fedeltà al patriottismo israeliano e alla nostra dichiarazione di indipendenza, un documento prettamente laico, democratico, moderno. In secondo luogo perché la laicità dello stato – e persino la secolarizzazione della popolazione – sembrano premesse necessarie per la predicazione del Vangelo.
Questa è bella, dai pulpiti cristiani sentiamo ogni domenica pianti greci contro consumismo e secolarizzazione e lei invece li auspica come “premessa dell’evangelizzazione”?
Un dialogo con la popolazione israeliana, la misura dell’apertura al dialogo e disponibilità all’evangelizzazione a sentire la buona novella, dipendono precisamente dalla misura della secolarizzazione. L’israeliano secolarizzato è colui che non è legato a una credenza particolare diversa dalla nostra, e dunque è aperto a dialogare, a sentire a prendere in considerazione quello che possiamo raccontare della salvezza portataci da Gesù Cristo.
Ci sarà un giorno in cui arabi palestinesi e israeliani ebrei supereranno inimicizia ed estraneità, magari anche grazie al dialogo interreligioso?
Bisogna evitare ogni confusione: il divario c’è ed esiste la differenza etnico-nazionale tra arabi e ebrei. Questo non ha nulla a che fare con la religione musulmana, la religione cristiana o quella ebraica. E’ un rapporto nazionale tra due nazioni che sono in conflitto, anche se non più sempre un conflitto violento. Ora, sia tra gli arabi sia tra gli ebrei esiste una piccola minoranza di cristiani. Quindi la chiesa è presente e deve svolgere la sua missione in entrambi i popoli, al di là delle differenze legate alla nazione, che sono realtà sul piano liberamente diverso.
0 commenti
Non ci sono ancora commenti.
I commenti sono aperti solo per gli utenti registrati. Abbonati subito per commentare!