Meloni: «Il motto di questo governo sarà: non disturbare chi vuole fare»
Il discorso pronunciato oggi da Giorgia Meloni per chiedere il voto di fiducia al suo governo segna un passaggio importante nel percorso di ridefinizione di cosa sia il centrodestra in Italia. Non sono solo state le ultime settimane a segnare uno sbandamento, c’è di più: era qualche anno che il centrodestra non ridefiniva la sua natura e le sue priorità in maniera così chiara. Va dato atto a Giorgia Meloni di avere avuto coraggio: ha portato se stessa e la sua comunità politica d’origine a ridefinirsi, costringendo così gli alleati a ridisegnare la lista delle priorità in campo economico, sociale, internazionale dopo un periodo ondivago.
Una chiarezza che, se lo vorrà, farà bene anche per l’opposizione, obbligandola a tornare a parlare di “politica” e di temi che interessano alla gente, smettendola di farsi trascinare in polemiche inutili da quelle élite culturali cui piace baloccarsi con le nenie sul “il/la” “presidente/a”, “il/la” “ministro/a”, schwa, “pericolo fascismo”, omofobia, xenofobia e corbellerie simili.
Il programma
Meloni ha detto in modo chiaro quali siano le scelte “di parte” che questo esecutivo intende perseguire perché queste sono le scelte per cui è stato votato, ma, al tempo stesso, ha mostrato di essere ben consapevole che il momento è tosto, la sfida difficile, «la tempesta» è in corso e «la barca ha subito danni».
Inutile provare a riassumere in poche righe tutti gli argomenti toccati. Meglio concentrarsi su alcune delle direttive d’azione indicate dal presidente del Consiglio: consapevolezza della situazione drammatica (energia, bollette, inflazione, instabilità politica, recessione, inverno demografico), invito a riscoprire un certo orgoglio patriottico, indicazione chiara delle alleanze internazionali (atlantismo ed europeismo senza complessi), ribadita necessità di cambiare paradigma di pensiero su alcune questioni che a sinistra vanno molto di moda, ma con le ricette sbagliate (l’ambiente, lo sviluppo, l’immigrazione, il fisco).
Cose che rimarranno
Certi accenti e certe espressioni di questo discorso rimarranno.
- L’elenco delle donne che hanno fatto l’Italia, dalle eroine risorgimentali, passando per Maria (Montessori), Grazia (Deledda), Tina (Anselmi), Nilde (Jotti), Oriana (Fallaci) fino a Chiara (Corbella Petrillo).
- L’idea che il Paese abbia bisogno di una riforma costituzionale in senso presidenziale da coniugare con l’autonomia differenziata (e che questa si farà con l’opposizione, se vorrà, altrimenti si farà lo stesso).
- La progressiva introduzione del quoziente familiare.
- Il motto di questo esecutivo che sarà «non disturbare chi vuole fare».
- La demolizione dell’idea culturale che sottostà al reddito di cittadinanza.
- Il desiderio di affrontare in modo deciso il tema della denatalità, rimettendo «la famiglia al centro».
- La condanna chiara del fascismo e delle leggi razziali.
Steve Jobs e Giovanni Paolo II
Rimarranno anche le citazioni di quelle persone che questa destra neoconservatrice mette nel suo pantheon: san Benedetto, papa Francesco, Enrico Mattei, Roger Scruton, Paolo Borsellino e Rosario Livatino (!!), Steve Jobs (ma intelligentemente integrato nell’appello rivolto ai giovani che scenderanno in piazza per contestarla: «Siate affamati, siate folle, ma soprattutto siate liberi»).
E poi Giovanni Paolo II, cui Meloni ha affidato la conclusione del suo discorso: «Nel giorno in cui il nostro Governo ha giurato nelle mani del Capo dello Stato, ricorreva la memoria liturgica di Giovanni Paolo II. Un Pontefice, uno statista, un santo, che ho avuto il privilegio di conoscere personalmente. Mi ha insegnato una cosa fondamentale, della quale ho sempre fatto tesoro. “La libertà” diceva “non consiste nel fare ciò che ci piace, ma nell’avere il diritto di fare ciò che si deve”. Io sono sempre stata una persona libera, per questo intendo fare ciò che devo».
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