Al Meeting «le fiabe sono letteratura di battaglia»
Un grande segreto è stato spiattellato in pubblico. È successo all’ingresso del Villaggio ragazzi del Meeting per l’intera giornata di martedì 22 agosto. Dalle 11 alle 19 è stato letto ad alta voce un libro intero, Il giardino segreto di Frances Hodgson Burnett. Dietro l’evento c’è l’intraprendenza di Mamma Oca, che è un nome di battaglia. I lettori di Tempi lo sanno già, ma Annalena Valenti lo ha spiegato a una manciata di giovanissimi ragazzi che l’hanno intervistata in occasione di questa lettura integrale ad alta voce e ha raccontato loro di come molti piloti della Raf durante la Seconda Guerra Mondiale scrivessero “mother goose” sui loro aerei da combattimento. «Le fiabe sono letteratura di battaglia», ha concluso e vale per tutte le storie che fanno breccia nelle anime.
La maratona di lettura al Meeting
La maratona di lettura al Villaggio ragazzi è stata un’incursione di voci e di presenze in mezzo al via vai dei visitatori del Meeting, chi passava poteva tirare dritto o fermarsi. Si sono alternati al microfono lettori piccoli e grandi, a cominciare dallo scrittore Daniele Mencarelli a cui è stato affidato l’inizio dell’opera. Le prime righe sono una gran bella sfida per chi apre il testo:
«Quando Mary Lennox fu mandata a vivere con suo zio al maniero di Misselthwaite, tutti dissero che era la bambina più brutta che si fosse mai vista. Ed era vero».
Potrebbe essere il peggior modo di cominciare una storia, portando sulla scena qualcuno da cui staremmo ben lontani nella realtà. Ma è proprio quel “brutta” a prendere per mano tutti, a togliere ogni maschera per mettere a tema: ma tu chi sei davvero? Leggiamolo, allora.
Leggere è rispondere a un invito e leggere a voce alta è rispondere in compagnia, creare uno spazio vivo di amicizia attraverso parole scritte anche decenni, se non secoli fa. Il giardino segreto è del 1910 ma parla al presente. «Fuori comunque è meglio di dentro» osserva la cameriera che invita Mary a uscire dal maniero dove è ospite e reclusa. Non c’è grido di battaglia più urgente in ambito educativo. Per ridestare l’anima occorre uscire dal monologo interiore e scoprire che la realtà è piena di pertugi seminascosti, di vie d’accesso a un giardino che ha bisogno delle nostre mani per rinascere. Gli autori davvero originali tornano all’origine, e le nostre mosse più sincere sono quelle con cui rispondiamo alla ferita di non essere più nel giardino dell’Eden.
L’inferno bianco e la tentazione ecologista
Dato il contesto contemporaneo, sarebbe facilissimo ridurre il libro della Burnett a favoletta ecologica in cui dei giovani attivisti ambientali danno una bella lezione al mondo. Tutt’altro. Stronca sul nascere questa tentazione una voce che per puro caso è stata vicina ai lettori della maratona al Villaggio ragazzi. A pochi passi da loro, nello spazio della mostra “Resurgence”. Vivere e ripensare la città, è ospitato un contributo video del professor Silvano Petrosino che in un passaggio afferma:
«Chiamo “inferno bianco” una città dove è tutto organizzato, progettato, dove tutto è ordinato e dove ci sono telecamere ovunque. Quest’idea dell’inferno bianco non è così lontana da quello che si sta realizzando, vale a dire una società dove si è totalmente sotto controllo»
Inferno è l’ipotesi di una città senza giardini segreti, in cui la violenza dell’organizzazione e del controllo schiaccia ed estirpa la dimensione del mistero. È un incubo in cui ogni presenza si riduce a macchina operativa, magari indaffaratissima eppure insignificante, invisibile, trascurabile.
Quello che Mary e Dickon e Colin scoprono nel giardino segreto è l’opposto del controllo, è il fiorire della libertà e creatività personale grazie a un entusiasmo che matura in compagnia di altri esseri umani e della magia nascosta in seno al creato. E così accade di trovare insospettabili alleati, si finisce per chiamare amico anche un pettirosso.
Allo stesso modo, ascoltando qualcuno che legge, si finisce per chiedere: «Posso leggere anch’io?». Nel corso della maratona al Villaggio ragazzi è successo più volte, segno di quanto il giardino dell’educazione abbia sete di esperienze condivise e di avventure in cui ciascuno senta di poter mettere a disposizione la propria voce.
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