Meeting. La mostra che racconta le imprese familiari
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Perché tutto possa esistere, occorre che i viventi si prendano cura della realtà e generino altri viventi. Occorre che i viventi producano il necessario per vivere e per prosperare, e che trasmettano il loro saper fare a qualcun altro. Facilmente questo qualcun altro sono i figli, soprattutto quando padri e madri amano il lavoro che fanno. In Italia l’82 per cento delle 4,2 milioni di imprese registrate sono familiari. Non tutte passano di padre in figlio, anzi: solo il 46 per cento di tutte le imprese familiari vede la generazione successiva impegnata in azienda, e solo il 15 per cento supera la terza generazione. La Cdo – Compagnia delle Opere ha portato al Meeting di Rimini una mostra che si intitola “Perché tutto possa esistere – La creatività delle generazioni, la crescita delle imprese” che racconta le storie degli uomini e delle donne di 18 imprese italiane (di cui 5 no profit) che si sono trovate di fronte alla sfida del passaggio d’azienda generazionale.
[pubblicita_articolo allineam=”destra”]È questo il tributo che la Cdo ha voluto rendere al titolo dell’edizione 2017 del Meeting di Rimini: “Quello che tu erediti dai tuoi padri riguadagnatelo, per possederlo”. Contributi video di 4 minuti, immersioni nelle realtà aziendali coi visori virtuali, riflessioni drammatizzate di due attori (Giovanni Scifoni e Andrea Maria Carabelli) mostrano come i fondatori hanno cercato di condividere coi figli i valori dell’azienda che hanno creato o ereditato, come hanno cercato di coinvolgerli, le difficoltà e i successi di ieri e di oggi.
Paolo e Gabriele, discendenti dei fratelli Levaggi che producono la pregevolissima sedia impagliata di Chiavari, raccontano come siano stati ammaliati da bambini dall’atmosfera del laboratorio, Ettore Rusconi racconta come lasciò l’azienda in cui lavorava per “tornare alla casa del padre”, Eliseo, che nel frattempo aveva fondato la Rusconi Viaggi, tour operator che di lì a poco si sarebbe specializzata in pellegrinaggi religiosi a partire da quello a Medjugorje. Scorrono nomi famosi come quelli di Saclà e Noberasco. La prima, nonostante la dimensione internazionale (esporta sottaceti in 40 paesi), è ancora un’azienda familiare con base ad Asti dove è stata fondata nel 1939 dai nonni dell’attuale amministratrice delegata, Chiara Ercole; la seconda è l’azienda ligure leader in Italia nella produzione e vendita di frutta secca e disidratata, giunta alla quarta generazione di imprenditori nella persona di Mattia Noberasco. Particolarmente istruttiva la storia della Mario Berta Battiloro, laboratorio artigiano di Venezia specializzato nella lavorazione dell’oro in fogli sottilissimi per i vetri di Murano, i mosaici, l’arredamento, ecc. Il titolare attuale, Marino Menegazzo, è il genero di Mario Berta e da lui ha imparato il lavoro. Così si presenta: «Sono Marino Menegazzo, l’ultimo battiloro di Venezia». Intanto è l’unico maschio in un’azienda di otto addetti dove sette sono donne. Lui è l’unico in grado di battere l’oro, cioè di prendere a martellate il portfolio dove sono contenuti i fogli sottili d’oro che vanno modellati. Le figlie Eleonora e Sara lo assistono e con intelligenza hanno allargato il mercato del prodotto, entrando nel cosmetico e nell’alimentare. Si trovano davanti al problema di sostituire il padre, e non sanno proprio come fare: «Siamo in contatto con l’università di Genova, ragioniamo di un robottino o di un braccio meccanico che farà lo stesso lavoro».
Un altro studio i cui risultati sono riportati sul pannello della mostra informa che ogni anno 35 mila aziende familiari italiane si trovano davanti al problema della successione, ma solo il 20 per cento di esse arrivano a questo passaggio preparate. C’è poi chi vede le cose in modo totalmente diverso. Davide Benini, iniziatore quasi trent’anni fa di Solidarietà Intrapresa, una comunità di accoglienza per disabili ramificata fra Cervia, Forlì e Ravenna da cui è nata D’Opera, un’impresa produttrice di scale diventata leader in Italia, così parla del futuro: «Non siamo nati da un progetto. Se Dio vorrà, susciterà qualcuno per continuare quello che io ho iniziato. Non sono interessato a consegnare questa opera a un manager che non ha vissuto personalmente questa esperienza umana e lavorativa».
Gli organizzatori della mostra hanno organizzato anche uno spazio bambini molto particolare, pensato per ribadire il concetto di trasmissione del lavoro fra le generazioni. Mentre i genitori visitano la mostra come tanti scolari che ascoltano e guardano lezioni di vita, i bambini vengono messi al lavoro in laboratori creativi con temi e prodotti delle aziende raccontate. In pratica genitori e figli si scambiano i ruoli. Lungo una parete dello spazio bambini i giovanissimi incidono la tacca della loro altezza e scrivono il loro nome. Che senso ha? «Infondergli la convinzione che sono all’altezza della situazione, che sono pronti a ereditare dai loro genitori», spiega un’animatrice.
Foto da Flickr
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