Meeting. A Rimini si riesce a parlare di Pnrr senza slogan

Di Emanuele Boffi
23 Agosto 2022
Incontro con sette presidenti di Regione, molto consapevoli di aver a disposizione una montagna di denaro e del rischio di sprecarla
Meeting Pnrr

Meeting Pnrr

È vero quel che hanno a più riprese notato durante l’incontro “Il Pnrr: sviluppo e valorizzazione del territorio” il professore Andrea Simonicini e il giornalista Roberto Inciocchi: solo al Meeting di Rimini può succedere che, in piena campagna elettorale, sette presidenti di Regione mettano da parte gli slogan di partito e parlino apertis verbis di ciò che il Piano rappresenta per il Paese in termini di opportunità e di problematiche.

Accade così che sul palco calcato da Francesco Acquaroli (Marche), Stefano Bonaccini (Emilia Romagna), Attilio Fontana, (Lombardia), Maurizio Fugatti (Provincia Trento) Eugenio Giani (Toscana), Donatella Tesei (Umbria) e Giovanni Toti (Liguria) si discuta di soldi, progetti e grandi difficoltà di una sfida che, se falliamo, manderà gambe all’aria l’Italia.

Una montagna di denaro

La prima osservazione da fare è che tutti i presidenti, con parole diverse, hanno espresso il medesimo concetto: il Pnnr è una occasione storica irripetibile. Mai, nemmeno ai tempi del Piano Marshall, l’Italia ha goduto di un così grande afflusso di denaro, 200 miliardi di euro.

Ergo, uno, non ci sono più scuse per dire che «non ci sono i soldi per fare le cose»; due, i progetti vanno assolutamente portati a termine; tre, sono quattrini da far fruttare perché ce li ha dati l’Europa (cui da oggi ci leghiamo mani e piedi, ha detto in buona sostanza Toti) e di cui è giusto che rendiamo conto.

Capitale umano

Ogni presidente ha dettagliato quali sono gli obbiettivi della propria Regione (sanitari e infrastrutturali, per la maggiore) e tutti hanno convenuto che i problemi maggiori sono quattro:

A) puoi anche fare ospedali e case di comunità bellissime, ma se poi non hai medici e infermieri, hai costruito solo meravigliose cattedrali vuote. Quindi il problema del Pnrr non è solo economico, ma di scelte da prendere sul capitale umano, sulla possibilità di investire sulle persone, sulle loro capacità e professionalità.

B) I progetti finanziati corrono un rischio: la crisi energetica e l’inflazione hanno fatto aumentare i costi delle materie prime mettendo in difficoltà le aziende. E se poi le gare vanno deserte?

C) Specialmente nei piccoli Comuni il personale è ridotto all’osso e fatica a “mettere a terra” i progetti.

D) Va bene confrontarsi con tutti, ma poi la politica deve decidere perché il fattore tempo è importantissimo. Quindi sì al “modello Genova” usato per ricostruire il ponte perché non ci si perda a dar retta ai mille comitati “no tutto”.

Nota bene di Fugatti: se oggi non abbiamo medici è perché abbiamo un problema di natalità che è figlio di scelte politiche del passato. Già. Ci vorrebbe un Pnrr per le culle. Qualcuno ci ha mai pensato?

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