Viva Medvedev, che se ne frega della Storia e vince gli US Open

Di Piero Vietti
13 Settembre 2021
Trattato come un anonimo intruso nello storytelling emozionale sulla caccia al Grande Slam di Djokovic, il tennista russo ha demolito il serbo salvandoci da quintali di retorica
Daniil Medvedev durante la finale degli US Open vinta contro Novak Djokovic (foto Ansa)
Daniil Medvedev durante la finale degli US Open vinta contro Novak Djokovic (foto Ansa)

A metà del terzo set è stato chiaro a tutti che sul campo principale di Flushing Meadows si stava materializzando la tragedia sportiva che nessuno, fino a un’ora e tre quarti prima, aveva nemmeno preso in considerazione: Novak Djokovic, il tennista numero uno al mondo, uno dei tre – insieme a Federer e Nadal – per cui da anni ci si diverte a discutere se sia il più forte di tutti i tempi, stava perdendo, senza essere mai stato in partita, la finale degli US Open.

Medvedev, numero 2 non da copertina

A tratti umiliato dal russo Daniil Medvedev, numero due non da copertina – con quei 198 centimetri d’altezza così poco eleganti, il fisico ossuto, lo sguardo spento e il ciuffo biondo a fargli da riporto sulla testa – Djokovic non ha rispettato le attese di tutto il mondo, gli editoriali e i tweet di chi assicurava con un po’ troppa enfasi che su quel campo ieri sera si sarebbe fatta la storia. Il suo avversario non era stato considerato, quasi non se ne era parlato, tutti troppo impegnati a elogiare il percorso del serbo verso la finale.

Sugli spalti rumorosi e maleducati dell’Arthur Ashe Stadium c’erano Brad Pitt, Ben Affleck, Bradley Cooper, e soprattutto il sempre più incartapecorito Rod Laver, l’ultimo ad avere vinto il Grande Slam, ormai nella notte dei tempi. Tutti, sconosciuti e vip, erano accorsi per assistere al trionfo annunciato, la-partita-da-raccontare-ai-nipoti, la consacrazione definitiva di un antipatico vincente come quasi nessuno al mondo. E invece.

Djokovic senza rabbia

E invece hanno assistito alla vittoria dei fantasmi, della pressione, della storia che non voleva farsi riscrivere da Nole. Hanno visto, abbiamo visto, noi che eravamo stati avvertiti da tutti che questa partita non si poteva perdere per nulla al mondo, il crollo del più forte nel match della vita giocato in scioltezza da Medvedev.

Nei giorni scorsi il russo era stato trattato dai professionisti della narrazione emozionale come uno sparring spartner, un passante fortunato che avrebbe visto da posizione privilegiata il Grande Slam farsi uomo. Medvedev però non ha accettato di fare l’imbucato, ha giocato fregandosene dei fischi vergognosi del pubblico americano, non ha concesso neppure un set a un Djokovic svuotato persino della rabbia che solitamente lo accompagna quando le partite non girano come vorrebbe lui.

Ammutoliti, i commentatori non potevano credere a quello che stavano vedendo. Le redazioni di tv e giornali hanno dovuto buttare in fretta e furia quintalate di articoli e servizi sul Grande Slam conquistato da Djokovic dopo essersi per un attimo illusi sul controbreak del terzo set, troppo poco per rendere possibile una rimonta diventata impossibile quasi subito.

L’esultanza russa e la mancanza di retorica

Forse mai era successo a Djokovic in carriera di avere l’intero stadio che facesse il tifo per lui. Eppure ha vinto Medvedev, ha vinto da solo contro il pubblico, i giornalisti, gli esperti e gli appassionati. Ha festeggiato con l’aplomb di un veterano che vince la partitella del sabato mattina contro il collega d’ufficio, senza sentirsi in colpa per avere mandato all’aria la Grande Festa, dopo avere fatto in due ore quello che doveva fare ma che nessuno pensava potesse fare.

Oggi che i titoli sono sulla sconfitta di Djokovic, che tutti parlano delle emozioni del serbo e di ciò che non è stato (come tutti parlarono quasi soltanto di Federer dopo la vittoria di Nole a Wimbledon), tocca esaltare Medvedev, la sua vittoria fredda e meritata, il suo fregarsene delle attese di tutto il mondo, la sua esultanza «russa, senza mostrare molte emozioni» (dixit), la ferocia con cui ha impedito il Grande Slam a Djokovic, la generosità con cui ci ha salvati da fiumi di retorica sulla partita-che-doveva-fare-la-storia.

@Pierovietti

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