Mamma, ho perso lo Stato!

Di Zottarelli Maurizio
15 Dicembre 1999
Per non annoiarci con le rituali inchieste sulle occupazioni d’autunno, siamo andati nelle scuole occupate. Dove siamo anche intervenuti (in qualità di “esperti”) nel dibattito sulla parità, (quasi ovunque) monopolizzato dal luogo comune che senza il monopolio di Stato la scuola rimarebbe orfana e non sarebbe più pubblica. Cosa che naturalmente non sta né in Olanda né in Inghilterra. Ecco il campionario (un po’ salace) delle vanità osservate da un inviato sceso nella fossa dei leoni

È un esercito dalle multiformi schiere: alla realtà dei fatti dicono di contrapporre cannoni pieni di fiori e fantasia, ma esaurite in breve le munizioni delle ragioni fanno ricorso alle barricate dell’ideologia. Si potrebbe definire un’armata brancaleone se non fosse per la riserva infinita di interessi che ne compatta le fila nell’unico obiettivo della loro battaglia: difendere la carovana di privilegi che si trascinano appresso e ricacciare nelle riserve indiane dove li hanno rinchiusi fino a oggi i sostenitori della libertà di educazione obbligandoli a versare il tributo imperiale con cui mantengono i loro fortini scolastici nei quali, a loro insaputa, vengono tenuti in ostaggio gli stessi occupanti. Nelle scorse settimane li abbiamo affrontati in assemblee e occupazioni scolastiche scendendo a più riprese a battaglia con loro. Ecco il ritratto delle milizie che compongono le truppe dello statalismo scolastico.

Il leader del movimento Classico studente universitario cui hanno affidato i gradi di generale sul campo e che pertanto si divide tra licei e itis a reggere la battaglia, sostenere gli animi e rinserrare le fila. In pratica detta la linea. E per la tournèe ha una scaletta e un repertorio fisso che canta senza esitazioni: gli hanno insegnato tutto sulla sacralità della costituzione e sul “rischio balcanizzazione” che seguirebbe alla parità scolastica e del quale vede drammatici esempi in paesi europei come Olanda, Belgio, Irlanda, Spagna e Gran Bretagna. Ha appreso i dettami fondamentali del conferenziere pluralista, ma all’occorrenza è disposto a rispolverare tutto l’arsenale linguistico del guerrigliero postguevarista con tanto di esibizione fisica e bestemmie di complemento. Poco credibile.

L’occupante (boy) Non gli hanno risparmiato niente delle commemorazioni di quei “formidabili anni” e si è convinto che sia una tappa obbligata per diventare uomini migliori. Nella sua divisa da sprayer post punk, perciò, fa la faccia incazzosa da impegnato, ma il meglio di sé lo dà nelle feste danzanti del pomeriggio. Si è specializzato nel calcolare il momento strategicamente migliore per richiedere le ore mensili di assemblea in modo, come ogni impiegato sa per i permessi sindacalmente riconosciuti, da sfruttarle al meglio. Naturalmente senza mettere a repentaglio ponti, gite, e periodi di vacanze concordati. Innocuo.

L’occupante (girl) Versione velenosa del boy. Giovane nevrotizzata che vede nell’impegno politico il superamento del confronto con genitori prodighi di un’aneddottica senza fine sulle imprese negli anni della contestazione e sui meriti di una lotta che ha contribuito ad abbattere i tabù di una società clerico-fascista di stampo agricolo. Qualora, perciò, esaurite tutte le domande e le obiezioni raccolte nelle assemblee cittadine, si trovasse a corto di argomenti, potrebbe risolversi a rivolgere al relatore avverso un’accusa ultimativa e assoluta: “scostumato”.

Il liceale d’élite Di buona famiglia, si tramanda di padre in figlio l’iscrizione alla miglior sezione del più rinomato liceo della città. Abita in centro, frequenta il liceo del centro, partecipa alle manifestazioni in centro, è orgoglioso di far parte di un’istituzione posta al centro della cultura e da questa posizione centrale osserva le miserie di un mondo dannato dal demone di mammona che da Caino ci ha condotto fino alla globalizzazione. Ha appreso che esiste l’ingiustizia e la disuguaglianza, ma è ben imparato e sa che il suo pluralismo lo salverà. Glielo ha detto l’insegnante di “filo” che è anche amica di famiglia e viene spesso a cena. È un duro e per difendere il suo pluralismo da quanti pretenderebbero di scegliere i servizi che lo Stato democratico generosamente sceglie e offre ai cittadini contribuenti, non fa sconti. Per questo, per la tattica da tenere all’assemblea sulla parità scolastica, si confida con la prof. di filo e di pluralismo che gli ha insegnato il vecchio trucco di inserire alcuni propri esperti nella lista da sottoporre all’approvazione del Consiglio di istituto e poi di presentarne anche altri, come un sindacalista della Cgil scuola e un giornalista, vecchio Pci, del Corriere della Sera, quando ormai sono sul palco. A volte il trucco non funzionerà e gli “esperti a sorpresa” non potranno parlare, ma il “caso” sarà scatenato e si potrà denunciare il grave vulnus subito dalla democrazia e dal pluralismo. Quindi si riprenderà la guerriglia con interruzioni e continui interventi suggeriti dall’esperta prof. di filo.

Consigliere comunale (verde o rifondatore) Potrebbe essere anche un semplice consigliere di zona, ma è “l’esperto”. Spesso è un professore, per lo più di materie di secondo piano come educazione tecnica o artistica allo scientifico, ha sempre puntato tutto sul rapporto con gli studenti. Snocciola delibere comunali (o di zona) in materia facendo calare sull’assemblea un soffice torpore rotto solo dal rumore degli aeroplanini di carta che solcano la sala. Ha comunque l’applauso assicurato per meriti acquisiti in lunghe ore passate a parlare del rapporto studenti-professori invece che a interrogare. Se, come gli accade di frequente in rispetto al suo democraticismo genetico, sarà costretto ad ammettere che non può escludere che “la controparte abbia ragione”, potrà sempre ricorrere all’amarcord del suo ’68, esprimendo la certezza che certe esperienze possano contribuire, anche in questo caso, a rendere gli studenti “uomini migliori”.

La Prof.

Classica capigliatura a cespuglio, abbigliamento casual raffinato con richiami etnici, non è semplicemente una docente di sinistra: lei porta addosso, come trofei di guerra, i segni di un travaglio personale che dai gruppi extraparlamentari l’ha riportata nel Pci, poi in Rifondazione, tra i cossuttiani e ora nei Ds a fare la battaglia interna al sindacato. La sua specialità è seguire anche più assemblee contemporaneamente, tenendosi defilata pronta a intervenire ogni qualvolta il relatore di parte appaia in difficoltà. Allora si erge sulla folla contando sul prestigio conquistato in decine di interventi in assemblea e in comizi improvvisati nell’atrio della scuola. Proverà a mischiare le carte con qualche citazione dotta tesa a mostrare la grettezza mercantile di chi parla di libertà di educazione, contrapponendo la sublime superiorità di un’istruzione pura, scevra di ogni interesse se non quello dell’educazione al Bene, al Giusto e all’Amore Comune. Non dovesse riuscire punterà su azioni di rappresaglia attribuendo frasi false o distorte ed evitando poi la replica aizzando la folla. A fine dibattito si dileguerà rapidamente. Tatticamente scorrettissima.

Il papà
Genitore nostalgico cui non pare vero di poter spingere avanti il figlio nella battaglia e, avendone l’occasione, addirittura di scendere al suo fianco in un’assemblea aperta alle famiglie. In quel caso rispolvera l’eschimo con relativo medagliere di battaglia. Fa il professionista ma ama parlare di “reificazione della funzione professorale” e “commercializzazione del sapere” se qualcuno fa notare che la parità potrebbe migliorare anche la condizione economica dei professori. Nonostante l’American Express serie gold e la tessera vitalizia al club Mille miglia dell’Alitalia è fiero avversario della globalizzazione e del mercato: potrà perciò succedere che per stigmatizzare il borghesismo commerciale della proposta di libertà di educazione proponga il classico esempio del taxi e del bus secondo cui chiedere la parità equivale a non voler prendere l’autobus per disprezzo del popolo che lo affolla e pretendere di farsi rimborsare il taxi dallo stato.

La mamma Per definizione ansiosa e perciò felice di partecipare alle esperienze della figlia (perché non si sa mai). Forse l’accompagnerebbe anche ai concorsi di bellezza, ma è sicura che con le giuste accortezze la figliola potrà comunque ambire alla corona di reginetta della palestra occupata e di first girl del comitato di presidenza autogestito. È dal ’76 che cerca di superare la subalternità al marito che allora, erano alla Statale, la relegò nel collettivo di lavoro “festoni e ghirlande per l’allestimento delle serate di socializzazionze musicale e gastronomiche”. Si cimenterà quindi in lunghi monologhi su autonomia, scuola aperta e lezioni pomeridiane gestite dai genitori. Pertanto qualora si cercasse di rispondere all’obiezione del marito sui taxi e bus osservando che non si chiede il rimborso del taxi ma la possibilità di istituire una linea di bus alternativa a quella statale, cercherà di emanciparsi difendendo il consorte con l’obiezione che “così la città si intaserebbe di autobus”.

L’insegnante d’altri tempi Una vita nello Snals a difendere il ruolo civile e culturale dell’insegnante statale, a battersi contro il decadimento dei costumi post sessantottini e la perdita di una serie selezione meritocratica, contro lo svilimento della classe docente. Lui non è contro la parità, solo si chiede che cosa servano altre scuole se già ci sono quelle statali: è semplicemente convinto che nessuna scuola privata potrà mai competere con la gloriosa istituzione scolastica statale di stampo gentiliano. Sostiene una riqualificazione del corpo docente e una rivalutazione degli stipendi, ma non si parli di concorrenza che riduce la funzione insegnante a quella di bottegai. Non teme il confronto, solo riterrebbe svilente, alla soglia della pensione, dover dimostare ancora ciò che gli sembra emergere con evidenza solare da una carriera specchiata: che l’unica scuola vera è quella statale.

Il clerico-cattolico Il suo motto è un passo alla volta. Democristiano da sempre imputa alla Dc la colpa storica della mancata parità, a Berlinguer e al Ppi il merito di aver compiuto il primo passo. Teorico dell’unità dei cattolici, si macera all’idea che altri uomini di chiesa non riconoscano la fondamentale conquista storica e rischino di vanificarla in nome di una misteriosa libertà e del mercato. Che comunque è sempre il mercato e non c’è da fidarsi. E se lo Stato, che comunque è di tutti, detta le regole e ci dà due soldi, prendiamoli. Che poi il parroco è contento per la sua “materna” e alle prossime elezioni ci mette una buona parola.

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