
Ma io non sono un massone
Oggi non parlerò di ambiente. Almeno di ambiente naturale. Sarò anche professionalmente scorretto, perché violerò la norma per la quale il giornalista non può usare il mezzo sul quale scrive per parlare di cose personali. Ma c’è un motivo grave per tutto questo: nei giorni scorsi ho ricevuto un avviso di garanzia per un reato – di partecipazione ad associazione segreta di ispirazione massonica – che non solo non ho commesso, ma che è compreso in una categoria di comportamenti estranei alla mia natura, aliena dalla partecipazione ad associazioni di qualunque tipo, e alla mia cultura, solidamente fondata sulla fede cattolica. Il relativismo, il possibilismo e il cinismo imperanti nel nostro paese determinano in questi casi una reazione per la quale «non sarà come dicono, ma qualcosa ci sarà!»; tutti i gatti sono grigi, la ragione sta un po’ di qua e un po’ di là, non sarà un mascalzone, ma non è uno stinco di santo.
A questa logica, a questo atteggiamento io mi ribello. Non lo accetto. Non è vero che tutto è grigio: appare tutto grigio a chi grigia ha la coscienza, ma ci sono anche il bianco e il nero! E proprio perché io sono bianco, non posso consentire a nessuno, neanche ad un magistrato, di condizionare la mia vita e le mie attività sulla base di una ricostruzione distorta, condizionata dalla volontà di arrivare a un risultato prestabilito, di fatti privi di alcun contenuto illegale o anche solo inopportuno. L’accusa che mi viene rivolta è assolutamente falsa: non sono mai stato, non sono e non sarò mai iscritto alla massoneria o ad altre associazioni dello stesso tipo. Tanto meno ho brigato per condizionare le decisioni della Pubblica amministrazione a favore di interessi particolari: i fatti ascrittimi sono successivi alla mia uscita da ogni ufficio pubblico, e oltretutto, se avessi voluto approfittare della situazione, avrei potuto farlo nei cinque anni della legislatura scorsa, quando sicuramente non mi mancava un potere forte di condizionamento o addirittura di decisione. Che ciò non sia avvenuto lo garantisco io, e lo conferma il mancato successo di Pecoraro Scanio, della Procura della Repubblica di Roma e della Polizia Tributaria nella ricerca di qualche mio comportamento scorretto. Non è che non si siano sforzati: semplicemente non hanno trovato quello che non esisteva. Mi consentirete di non entrare nel merito delle accuse che mi sono state rivolte: se qualcuno è interessato, sono comunque pronto a dargli le spiegazioni più complete ed esaurienti. E mi scuserete se questo non è un articolo, ma uno sfogo: a volte è necessario.
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