
Ma in che mondo vive Mr. Prodi?
Grazie alla lettera di Romano Prodi a Repubblica – lettera in cui Prodi dichiara la sua solidarietà a Gheddafi e attribuisce al governo italiano la responsabilità di quello che è accaduto a Bengasi – abbiamo appreso che il leader dell’Unione non è soltanto la tessera numero uno del partito calabraghista, ma anche un volenteroso collaboratore dei nostri nemici. A Prodi non bastano le dimissioni di Calderoli. «La vicenda non finisce qui», dice Romano. «Ho avuto modo di percepire direttamente in un lungo colloquio con Gheddafi la preoccupazione di chi è chiamato a governare realtà complesse come quelle dei paesi del nord Africa». Prodi “percepisce” da Gheddafi, ma non sa che il giorno prima dell’assalto al nostro consolato di Bengasi la televisione libica aveva trasmesso un discorso del presidente del Congresso generale del popolo (il parlamento) in cui si incitava ad attaccare l’Italia. Le accuse? Roboanti e deliranti. Tipo che «il ministro italiano ha chiesto al Papa di indire una nuova crociata contro l’islam, vuole usare la forza contro l’islam. Vogliono innalzare la croce nella terra dell’islam. Noi diciamo no». Incredibile. Come a Damasco, come a Tehran, il regime butta incoscientemente benzina sul fuoco islamista che va all’assalto di ambasciate e consolati, e Prodi che fa? Corre a genuflettersi e a “percepire” dagli sventati padrini degli incendiari. Scandaloso. Accecato dall’ansia elettoralistica Prodi non vede altro – negli slogan a sostegno dei kamikaze che hanno massacrato i nostri soldati a Nassiriya e nelle manifestazioni antisemite del suo alleato Pdci – che «affermazioni da biasimare» e manifestazioni «che provengono da persone che hanno scarsa rappresentanza politica». Però vede e “percepisce”, dai regimi che fanno sfogare la frustrazione dei propri sudditi contro le sedi diplomatiche dei paesi democratici, «la fragilità del mondo in cui viviamo, la difficoltà di dialogo tra i popoli, la sciagurata forza che le offese possono scatenare».
Ma in che mondo vive, signor Romano? Ha presente cosa ha detto al Corriere della Sera il direttore del quotidiano indipendente di Lagos, Nigeria, paese in cui (sempre con la scusa delle famose vignette) hanno bruciato decine di chiese e massacrato decine e decine di poveri cristiani? Ecco cosa c’è di nuovo in Nigeria, come in Libia, eccetera: «Qui, non solo nessuno ha visto quelle vignette ma probabilmente nessuno sa bene cosa sia una vignetta. La religione è un pretesto, loro vogliono il potere». Coraggio, “cattolico adulto”, provi a risorgere dal suo pacifismo adolescenziale.
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