
Luttwak: «L’Europa che esulta per Obama è masochista»
«Non cambierà molto. L’America si è tenuta Obama perché non ha le mani libere su ciò che conta, mentre Romney non era un’alternativa abbastanza forte». A commentare il risultato delle elezioni presidenziali americane è Edward N. Luttwak, economista e politologo americano. «Il processo di cambiamento dell’America, e quindi della sua classe dirigente, non è veloce come potrebbe apparire dal voto. A dirlo è il fatto che la Camera è ancora repubblicana. Questa negli Stati Uniti è molto più importante del presidente, perché è lì che si decide della politica interna del paese. Gli americani hanno scelto una Camera ancora conservatrice. Se dunque la classe politica, insieme al paese, tendono a europeizzarsi siamo ancora lontani dal traguardo. Certo preoccupa che gli Stati più in crisi abbiano votato Obama, significa che preferiscono affidarsi all’assistenzialismo invece che agire secondo la strada tradizionale».
Due anni fa, alle elezioni di Midterm, gli americani hanno dato un segnale contrario ad Obama, eleggendo una maggioranza repubblicana.
Questo è successo perché gli elettori distinguono tra il voto al presidente e quello di midterm, che riguarda Camera e quindi gli affari domestici. In più Romney non rappresentava un’alternativa abbastanza forte: non ha convinto tutti i cristiani d’America perché i mormoni non sono considerati da tutti tali; pur avendo cinque figli, nessuno di loro ha mai prestato servizio nelle forze armate e ciò per i patrioti e i tradizionalisti è una debolezza. Infine, Obama aveva a disposizione un patrimonio e una macchina organizzativa molto più grande ed efficace di quella del candidato repubblicano.
I mercati finanziari non hanno festeggiato la vittoria di Obama. Rimane preoccupante il debito pubblico generato dalla presidenza Obama. Cosa si farà per rispondere?
Obama non può fare nulla, andrà avanti con la sua politica europeista e con la Camera che si opporrà ad essa. È un peccato perché Romney avrebbe tranquillizzato i mercati, riprendendo una politica classica, più sussidiaria, leggera e capace di generare lavoro.
Eppure l’Europa, che avrebbe bisogno di una ripresa americana, ha esultato.
L’europa è masochista, è malata e si compiace dell’espandersi della sua malattia anziché volere la cura.
Si dice che un presidente americano al secondo mandato, non avendo il problema della rielezione, sia più libero.
Non sarà più libero in politica interna, per le ragioni già dette, ma in politica estera sì. Su questo fronte non c’è da preoccuparsi perché qui la sua azione è in linea con la tradizione. Obama ha agito con decisione in circostanze in cui molti governi europei avrebbero esitato. Davanti ai terroristi non si è chiesto che psicologia ci fosse in chi si fa esplodere, non ha cercato di comprendere un nemico spietato, né di dialogare. I terroristi sono terroristi e li ha fermati immediatamente usando i droni. “Soft power”, il termine coniato dal professore di Harvard Joseph Nye, alla Casa Bianca è andato di moda per due settimane sole.
Come evolverà la posizione del presidente nei confronti dell’atomica iraniana?
Proprio prima delle elezioni Obama ha firmato un accordo con Israele. Siccome per la prima volta le sanzioni stanno funzionando si è scelto di dare all’Iran un’altra opportunità in attesa che fermi l’atomica. Se questo non succederà, i due governi agiranno insieme: Israele si muoverà coordinatamente con gli Stati Uniti. Se Obama venisse meno all’accordo, ricominciando a trattare con l’Iran (non si può più fare, vista la perdita di tempo delle trattative degli ultimi dieci anni), allora Israele agirebbe da sé. Non credo quindi che ci saranno sorprese.
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