
«L’Occidente perde la guerra in Afghanistan perché non sa più combattere e morire per un ideale»
Il 7 ottobre 2011 gli Stati Uniti invadevano l’Afghanistan, dopo l’attacco alle Torri gemelle dell’11 settembre orchestrato da Al Qaeda. Oggi la guerra contro i talebani entra nel suo dodicesimo anno con la prospettiva di ritiro totale delle forze alleate nel 2014, come annunciato dal presidente Usa Barack Obama. «Abbiamo perso la guerra» dichiara a tempi.it senza mezzi termini Gianandrea Gaiani, esperto di analisi storico-strategiche, profondo conoscitore delle cose militari e direttore di AnalisiDifesa. «Ma non la perdiamo perché i talebani ci hanno battuto sul campo, ma perché noi ci ritiriamo a 10 minuti dalla fine o a fine primo tempo. La verità è che l’Occidente non è più in grado di sostenere una guerra, non sa più combattere e morire per dei valori».
La guerra in Afghanistan va avanti da 11 anni, è la più lunga che gli Stati Uniti abbiano mai combattuto.
Ma le guerre anti insurrezionali sono sempre lunghe: la storia militare, che noi non studiamo più, dice che gli italiani per debellare la rivolta in Libia o gli inglesi quella in Sudan, ci hanno messo moltissimo tempo. Le guerre coloniali ci insegnano che per controllare un territorio vasto con un numero di soldati modesto, utilizzando truppe locali per lo più, l’esercito afghano in questo caso, richiede anni perché la minaccia della guerriglia si stronca nel tempo conquistando il consenso popolare.
Quanto tempo?
Il problema è questo: oggi vogliamo guerre rapide e indolori, meglio se senza perdite. Ma le guerre non sono così, ci sono morti e ci vuole tempo per vincere. Questa guerra la stiamo perdendo perché non siamo in grado, come Occidente e Stati Uniti, di combattere per motivi che ritenevamo validi ma che oggi ci siamo dimenticati. Bush combatteva per la vittoria, Obama invece, pur affermando in campagna elettorale che questa è una «guerra giusta», ha annunciato il ritiro totale delle truppe nel 2014. Così però le guerre si perdono, prima di tutto sul piano mediatico.
Perché?
Perché se dici al nemico che continui a combattere ma che nel dato anno te ne andrai via, lo rafforzi, qualunque esso sia, non solo i talebani. Non si può dire al nemico quando finirà la guerra perché la guerra finisce quando vinci o quando perdi. Ecco, noi ci siamo suicidati e abbiamo sprecato 11 anni di guerra per niente, abbiamo sprecato il sacrificio di molte vite umane.
Obama ha grandi responsabilità in questa sconfitta?
Sì, perché questa era una guerra soprattutto americana. Su 90 mila soldati della Nato di stanza attualmente in Afghanistan, 68 mila sono americani e 10 mila inglesi. Obama è stato eletto e ha avuto successo anche perché si opponeva al Bush guerrafondaio. Ed ecco di nuovo il problema di fondo: l’Occidente non sa più sopportare le guerre che implicano la morte di persone. Noi siamo così deboli socialmente che pur essendo superiori dal punto di vista tecnologico e delle risorse, veniamo sconfitti da una banda di cialtroni ignoranti e analfabeti che fanno bombe stradali e sono armati di kalashnikov. I talebani hanno perso 6 mila soldati all’anno per 11 anni ma non hanno mai parlato di resa, hanno rifiutato anche i negoziati. Perché loro sanno per che cosa combattono, non cambiano idea, mantengono la linea e gestiscono anche la perdita di migliaia di combattenti. Noi no.
Quanti soldati sono morti in questi 11 anni?
In 11 anni di guerra sono morti circa 3.300 soldati. Di questi, oltre 2 mila erano americani. Però dobbiamo considerare che queste perdite sono poche in 11 anni di guerra. Anche perché per l’attentato dell’11 settembre sono morti circa 3 mila civili. In un giorno solo.
Cosa ci dice questo?
Che la capacità dell’Occidente di reggere una guerra e sopportare perdite è scemata a causa del tenore di vita dell’Occidente e del suo standard culturale impostato sulla pace e non violenza. Ora mi addentro su un territorio che non è il mio ma la pace non è un valore. I valori sono la libertà, i diritti, gli interessi nazionali e per questi una società può anche rinunciare alla pace. Se invece la pace diventa un valore assoluto, è minata la capacità di una società di combattere per dei valori, per un ideale. La pace è un mezzo, una condizione della storia. Ma c’è anche un altro aspetto.
Quale?
Le leadership occidentali hanno perso la capacità di spiegare ai cittadini perché si deve morire per Kabul o per Baghdad, perché i nostri interessi sono in gioco e perché vale la pena di combattere anche lontano dalle nostre frontiere. Questa incapacità dei politici di spiegare, a parte il fatto che parlare di guerra non porta voti, crea difficoltà a comprendere i fatti. Se oggi chiediamo perché combattiamo in Afghanistan, se facciamo un sondaggio, in Italia e in Europa, scopriremo che pochi sanno rispondere. Queste sono responsabilità serie della politica.
Nel paese dal 2014 resteranno però le truppe afghane, che saranno addestrate da quelle occidentali. Perché non possono controllare il paese in autonomia?
Le truppe afghane dispongono di qualche decina di mezzi blindati, 50 elicotteri, nessun mezzo anti-mina, i reparti militari dovranno essere ridotti prossimamente perché non hanno abbastanza soldi per mantenere una forza di 350 mila fra soldati e poliziotti. Quindi non possono controllare il territorio. Nel 2014 non so quanto rimarrà sotto il controllo del governo. Forse qualche centro urbano resterà sicuro, attentati a parte, ma le campagne torneranno subito ai talebani. Gli alleati avevano circa 800 basi: 500 le hanno già lasciate, di queste la metà sono state distrutte perché si tratta di avamposti isolati, difficili da mantenere senza forze sufficienti e senza elicotteri che riforniscano i soldati che si trovano a presidio. Ogni avamposto poi è costato milioni di dollari, che così vengono sprecati. Senza contare poi quanto costerà il rimpatrio: miliardi e miliardi di euro.
Scoppierà dunque un’altra guerra civile?
È molto probabile che si riaccendano anche gli scontri etnici. È un’ipotesi facile da fare, realizzata tra l’altro non da me in primis ma da alcuni think tank americani. Nel 2014 ci saranno nuove elezioni in Afghanistan ma non vedo un collante che cementi l’opinione pubblica e le forze afghane contro i talebani.
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