
L’eutanasia del trans Nathan «non è colpa di un intervento malriuscito» ma di «ferite» che nessuno voleva vedere
«È folle pensare di “curare” la depressione di un transgender con il suicidio assistito». Walt Heyer, tornato alla sua identità maschile dopo aver vissuto otto anni come donna, ha dedicato la vita all’aiuto dei transgender che vivono nella sofferenza (tempi.it ha raccontato la sua storia in questo articolo) ed è rimasto sconvolto dalla tragica vicenda di Nancy Verhelst, la donna belga che a pochi mesi dall’operazione chirurgica di costruzione del pene che l’ha trasformata definitivamente nel transessuale Nathan ha chiesto e ottenuto l’eutanasia per iniezione letale perché si sentiva «un mostro».
NON SI NASCE TRANS. «Non sono d’accordo con i titoli di stampa che dicono che Nancy/Nathan è morta per un cambiamento di sesso malriuscito», sostiene Heyer in un commento scritto per Tempi. «Il filo comune che mi viene riferito più spesso dalle persone che hanno cambiato genere e ne sono pentiti è un’infanzia travagliata che non ha consentito lo sviluppo adeguato dell’identità di genere di nascita. I transgender non nascono transgender. I transgender evolvono da disturbi evolutivi infantili provocati da profonde ferite emotive».
L’INFANZIA DOLOROSA. Heyer ricorda che «Nancy era nata femmina ed era divenuta un maschio transgender di nome Nathan perché sua madre l’aveva rifiutata sin dalla nascita». È stata lei stessa – ricorda l’autore di Paper Genders (Sugarco) – a spiegarlo al quotidiano fiammingo Het Laatste Nieuws poco prima di morire: «I miei fratelli erano coccolati, io invece ho ottenuto come camera da letto un ripostiglio sopra il garage. “Se solo tu fossi stata un ragazzo”, si lamentava mia madre». Heyer è rimasto colpito dal «cuore di ghiaccio» della madre di Nancy/Nathan (secondo la stampa belga «avrebbe incredibilmente affermato: “Non mi interessa la sua morte per eutanasia”»), ed è convinto che per capire le ragioni di una scelta così estrema non basta incolpare «un cambiamento di genere malriuscito» ma occorre approfondire «il trauma causato dall’abuso emotivo e dall’abbandono dei genitori». Secondo Heyer «non ci vuole molto per arrivare alla conclusione che questa donna ha mutilato il proprio corpo per diventare un uomo nel tentativo di essere accettata e quando questo ha fallito nel guadagnarle l’amore della madre, Nancy/Nathan ha implorato di essere messo a morte».
«IL MIO PERCORSO È LO STESSO». Grazie alla sua attività di counselling e attraverso il suo blog (www.sexchangeregret.com), Heyer entra ogni giorno in contatto con transgender da tutto il mondo. Sa quello che dice, perciò, quando sostiene che «oltre il 40 per cento dei transgender tentano il suicidio nel corso della loro vita», che esattamente come nel caso di Nancy/Nathan «si tratta di persone depresse» e che dunque «gli interventi di cambiamento di genere non sono in grado di risolvere un trauma emotivo» da far risalire per lo più ai travagli sperimentati durante l’infanzia. «La mia vita – racconta Heyer – segue lo stesso schema. Da transgender nato maschio volevo fuggire da un’infanzia dolorosa. Mi sono sottoposto alla transizione di genere e ho vissuto come donna, Laura Jensen, per otto anni. Da transgender ho studiato in modo approfondito l’insorgere e lo sviluppo dei sentimenti relativi al desiderio di cambiare genere, e ho scoperto che l’infanzia è il terreno di coltura in cui questo desiderio ha origine. Ho lavorato per molti anni con transgender turbati e pentiti della transizione, e ciascuno di loro mi ha riferito il trauma nella loro infanzia che stava alla radice del desiderio di cambiare genere».
NESSUNO HA VOLUTO SALVARLA. Insiste Heyer: «Questa non è una storia di eutanasia, e neanche di un malriuscito intervento chirurgico di cambiamento di genere. No. È la storia del mancato riconoscimento di disturbi evolutivi infantili in persone che presentano problemi di identità di genere, e della mancata comprensione del fatto che la chirurgia non potrà mai essere il trattamento efficace per alcuni disturbi psicologici». Sono tante, continua Heyer, le persone che hanno cambiato sesso e «mi scrivono del loro pentimento per l’intervento chirurgico». Proprio come Nancy/Nathan «mi dicono spesso che le operazioni non hanno avuto l’esito sperato e che si sentono dei mostri». Peccato che la povera donna belga non abbia avuto accanto persone che desiderassero aiutarla davvero: «Purtroppo Wim Distelmans, l’oncologo che ha fatto morire Nathan, non era uno psicologo che lavorava per salvare la vita di Nathan», conclude Heyer. Quel medico «lavorava invece per giustificare la sua morte», dal momento che la sua principale preoccupazione è stata di spiegare al mondo che «la scelta di Nathan Verhelst non ha nulla a che vedere con la fatica del vivere» e che «rispondeva chiaramente ai requisiti di legge».
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12 commenti
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Io comunque sono favorevole all’eutanasia per i trans
Purtroppo la violenza psicologica che un adulto può imporre ad un bambino rimane spesso un segreto chiuso hai soli familiari,la cosa peggiore e che spesso i bambini ritengono di meritare i trattamenti che subiscono,cercando di guadagnarsi un affetto che non otterranno mai.
Pardon ai soli familiari
Il transessualismo (disforia di genere) è ancora previsto come patologia dal DSM, ma come ci insegna Italo, questo manuale non ha alcuna validità scientifica 🙂
La soluzione più comune, ma per nulla obbligatoria, mica tutti vanno fino in fondo, è di adeguare il corpo all’intimo sentire. E’ un percorso lungo, difficile e doloroso. Malgrado questo molti trans scelgono di percorrerlo e alla fine questo nuovo aspetto è per molti di loro più egosintonico del precedente.
Quanto questo nuovo aspetto sia davvero femminile o maschile dipende molto dalle condizioni di partenza e quindi è facile che in alcuni casi il soggetto resti deluso. Di solito si ricorre ad un training psicologico e anche a simulazioni in computer graphic, ma la garanzia non è ovviamente assoluta. Succede anche nella comune chirurgia estetica.
Sicuramente sia il protocollo per il cambio di sesso, che quello per l’eutanasia prevedono un supporto psicologico, che purtroppo non è servito in questo caso. Magari incontrare un qualche gruppo religioso (cattolico, pentecostale, musulmano non importa) lo avrebbe salvato davvero? Non è andata così e questa persona aveva tutte le occasioni per provarci, il fatto che non abbia alzato il telefono per chiamare uno di questi gruppi probabilmente vuol dire che non lo interessava.
Che si doveva fare, quindi? Impedirgli con la forza di cambiare sesso? Costringerlo a vivere?
e soprattutto complimenti alla scuola e ai servizi sociali che non si sono mai accorti del disagio familiare di questa persona
l’avessero tolta in tempo ai genitori naturali, probabilmente sarebbe ancora viva (e magari felice del suo sesso biologico)
Il transessualismo si affronta non deturpando il corpo con mutilazioni e aggiunte posticce, ma aiutando l’interessato ad accettare serenamente la propria appartenenza al sesso maschile o femminile.
Quanto al DSM, al di là della stolida e insipiente ironia di Giovanni, è evidentemente che si tratta di un manualetto fortemente condizionato dalle pressioni della Lobby Farmaceutica e della Lobby Fascista LGBT. Il transessualismo è ancora considerato una patologia, ma quando qualcuno della Lobby a tavolino deciderà che non lo è più si faranno gli opportuni passi e gli psicologi, per evitare grane, dovranno incominciare a dire che non lo è. E Giovanni seguirà a ruota.
solo i vermi di sinistra rifiutano di accettare questa realtà come descritta nell’articolo, e obbligano la società a creare recinti di riserva indiana per questi poveretti falsificando il loro status psicologico in un gene sessuale nuovo e inesistente in natura, moltiplicando così le sofferenze di questi poveretti che non potranno avere un aiuto vero.
I vermi di sinistra vogliono semplicemente dare a ciascuno il diritto di vivere come vuole.
Se questa persona fosse vissuta in un paese dove non era possibile cambiare sesso, si sarebbe suicidata subito. Ché poi questo gesto non è stato altro che un’estrema forma di obbedienza ai propri genitori, i quali le avevano fatto chiaramente capire di non volerla.
Purtroppo non sempre le famiglie formate da un uomo e una donna sono il posto ideale in cui vivere
puoi sempre andare a vivere nel paradiso terrestre, oppure in puglia ( paga pantalone). ma tu alcofibras hai il cervello foderato di plastica?
chi parla male pensa male e vive male
mi complimento con chi ti ha ha così male educato
scusa alcofibras ma forse ti stai smentendo da solo. mi spiego: prima dici che ognuno deve vivere come vuole, inclusa la tendenza sessuale (sembri fare cioè tua la teoria del gender, che include il transessualismo tra i genders e che implicherebbe se l’ho capita bene che è lecito cambiare sesso) poi però dici che il cambio di sesso è stata una forma di obbedienza ai genitori che la volevano maschio (e qui sembri dire invece che trans ci si diventa per problemi coi genitori; forse non pensi ciò ma fai pensare che un po’ tanto lo pensi). ossia dici una cosa ma poi pare tu dica il contrario.
l’ultima riga mi fa proporre una cosa: so che in spagna ci sono 23.000 coppie omosessuali che hanno adottato bambini. ci sono almeno 23.000 bambini di cui proporrei a qualcuno che ha i mezzi per farlo una indagine su come sono cresciuti o stanno crescendo. valutando più fattori (socialità, a scuola, …). io nel caso sono scettico su notizie favorevoli, però sarebbe da vedere. il campione piccolo non è. in america studi hanno smentito le famiglie gay, però ok riproviamoci. se qualcuno però (gli lgbt) ha il coraggio di fare una indagine seria.
Comincio dalla fine: sull’indagine sono d’accordo. E penso che dovrebbe riguardare anche gli adottati da coppie etero. Magari si scoprirebbero casi come quello del tale – sposato con una donna – che ha violentato per dieci anni la figlia adottiva (era sui giornali non più di un anno fa).
Quanto alla contraddizione: se la vedi per me non è un problema, la vita è piena di contraddizioni (come cristiano devo perdonare l’assassino di mio figlio ma sono legittimato a chiedere l’applicazione della pena legale) e sono semmai i discorsi coerenti a essere avulsi dalla realtà perché semplificano troppo. Ad ogni modo, non esistono persone prive di condizionamenti, e solo quando questi si traducono in violenza fisica o psicologica forte si può parlare di vizi della volontà. Nel caso di specie mi sembra più che altro un condizionamento subdolo che ha tarlato per anni lo spirito di quella persona, fatto di tanti episodi di prevaricazione di per sé poco significativi.