Lettera di replica dell’Ambasciatore Mammad Ahmadzada

Di Mammad Ahmadzada
26 Novembre 2021

Spett.le Direttore,

non è la prima volta che ci rivolgiamo al Vostro quotidiano, poiché negli anni molti sono stati gli articoli da Voi pubblicati, che hanno sempre fornito una versione unilaterale dei fatti riguardanti il conflitto del Nagorno Karabakh tra Armenia ed Azerbaigian.

Scriviamo la presente, di cui chiediamo pubblicazione, in relazione all’articolo dello scorso 18 novembre 2021 a firma di Leone Grotti: “L’Azerbaigian invade l’Armenia. “Come può l’Occidente restare a guardare?”.

Vorremmo ricostruire, a beneficio dei vostri lettori, i fatti avvenuti negli ultimi giorni.

Lo scontro avvenuto in data 16 novembre 2021, non è stato un incidente di carattere spontaneo, bensì un’intenzionale provocazione premeditata dell’Armenia contro l’Azerbaigian. A partire dall’8 novembre, la leadership politico-militare dell’Armenia, mossa da sentimenti di revanscismo, ha iniziato ad attuare, in modo costante, provocazioni contro le unità dell’Esercito dell’Azerbaigian. Il 6-7 novembre, il ministro della difesa dell’Armenia, già rimosso dall’incarico, ha visitato illegalmente i territori dell’Azerbaigian, in cui è temporaneamente dislocato il contingente di pace russo, e vi ha tenuto riunioni militari. Il 9 novembre, le forze armate dell’Armenia hanno sparato sull’attrezzatura ingegneristica delle forze armate dell’Azerbaigian in direzione del distretto azerbaigiano di Kalbajar. Lo stesso giorno, la parte armena ha cercando di dislocare 60 militari sulla strada che portava alle posizioni dell’esercito dell’Azerbaigian intorno al lago Garagol del distretto azerbaigiano di Lachin. La mattina del 13 novembre dell’anno corrente, i terroristi armeni hanno compiuto un altro atto terroristico lanciando una granata contro la postazione dei militari azerbaigiani vicino alla città di Shusha, la capitale culturale dell’Azerbaigian. Di conseguenza, 3 militari azerbaigiani sono rimasti feriti. Lo stesso giorno, le forze armate dell’Armenia hanno sottoposto a fuoco le nostre posizioni intorno a Shusha. Il 16 novembre, le forze armate dell’Armenia hanno tentato un attacco su larga scala nella direzione dei distretti di Kalbajar e Lachin, situati lungo il confine di Stato, per appropriarsi di altezze strategiche. Questo attacco ha subito un totale fallimento operativo e tattico a seguito delle misure intraprese da parte dell’Azerbaigian. Mentre respingevano le provocazioni armate dell’Armenia, 7 militari azerbaigiani sono caduti eroicamente e altri 10 sono rimasti feriti.

Pertanto, la responsabilità dello scontro militare nella regione, che ha provocato vittime umane, ricade interamente sulla leadership politico-militare dell’Armenia.

Parallelamente all’avventura militare al confine, la leadership politico-militare armena ha avviato una campagna diffamatoria contro l’Azerbaigian nell’arena internazionale, accusando la parte azerbaigiana di interferire nel territorio sovrano dell’Armenia. Sfortunatamente, come un certo numero di altri media, il vostro giornale ha dato spazio alle falsità della parte armena, volte a ingannare il pubblico italiano.

L’Azerbaigian sostiene l’importanza di avviare il processo di delimitazione e demarcazione del confine di stato tra Azerbaigian e Armenia, al fine di prevenire il ripetersi di incidenti simili. Immediatamente dopo la fine della Guerra Partiottica di 44 giorni, l’Azerbaigian si è dichiarato pronto a delimitare e demarcare i suoi confini con l’Armenia su base bilaterale. Tuttavia, l’Armenia cerca di evitarlo con vari pretesti, incitando scontri al confine.

La posizione della parte azerbaigiana è chiara e inequivocabile: la dichiarazione tripartita del 10 novembre 2020 ha posto fine al conflitto del Nagorno Karabakh tra l’Armenia e l’Azerbaigian. Mantenere all’ordine del giorno la questione del “conflitto”, affermare l’importanza di una “soluzione globale” rafforza di fatto la pretesa revanscista dell’ Armenia, il che serve a mantenere in questo paese illusioni politiche infondate.

Troviamo incredibile che un paese come l’Armenia, che ha tenuto sotto occupazione per circa 30 anni il 20% del territorio azerbaigiano, che ha costretto 1 milione di azerbaigiani ad abbandonare le proprie case e a vivere come profughi e che ha commesso una vera pulizia etnica contro gli azerbaigiani, trovi ancora spazio sulla stampa, e abbia ancora il coraggio di ingannare inconsapevoli lettori.

Vorremmo anche ricordare che durante la Guerra Patriottica dello scorso autunno l’Azerbaigian ha liberato i propri territori facendo implementare le pertinenti risoluzioni del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, che chiedevano il ritiro delle forze armate dell’Armenia dai nostri territori. Il panorama che si è aperto di fronte ai nostri occhi nei territori liberati è stato drammatico, poiché essi sono stati oggetto di una distruzione e devastazione sistematica durante i circa 30 anni di occupazione da parte dell’Armenia. Inoltre, l’Armenia durante gli anni di occupazione ha sparso nei territori stessi enormi quantità di mine, la cui esplosione ha causato centinaia di vittime dalla fine del conflitto fino ad oggi. Sia lo stato di distruzione dell’area, che il problema delle mine, ostacolano il ritorno alle proprie case di oltre un milione di profughi azerbaigiani. Abbiamo avviato un poderoso lavoro di sminamento e ricostruzione con le nostre risorse e con la partecipazione di partner internazionali, inclusa l’Italia. Allo stesso tempo abbiamo proposto anche alla parte armena un trattato di pace, sulla base del riconoscimento reciproco della sovranità, dell’integrità territoriale e dell’inviolabilità dei confini internazionali, così come l’apertura di tutte le vie di comunicazione, da cui l’Armenia, paese in gravi difficoltà economiche e sociali, e il suo popolo, potrebbe trarre grandi benefici. Ma continuano ancora a mancare, da parte dell’Armenia, risposte a tali nostre proposte.

A causa della sua politica a livello statale, l’Armenia è diventato oggi un paese monoetnico. Al contrario l’Azerbaigian è un paese multiculturale, dove convivono pacificamente tutte le religioni, e ne sono prova i numerosi monumenti religiosi appartenenti alle varie confessioni presenti nel nostro territorio, tra cui sinagoghe, chiese ortodosse, cattoliche, evageliste, compresa una chiesa armena nel centro di Baku, perfettamente conservata. Uno degli obiettivi dell’Azerbaigian nell’era postconflitto è l’integrazione dei cittadini azerbaigiani di origine armena nei territori liberati, nell’ambito sociale, politico e culturale del paese.

In futuro, sarebbe per noi auspicabile che nel caso di articoli che riguardino temi così delicati, voi poteste ascoltare anche la nostra voce, offrendo ai lettori una visione più obiettiva e imparziale possibile. A tal fine, speriamo vivamente che la presente lettera possa essere pubblicata sul Vostro quotidiano.

Cordialmente,

Mammad Ahmadzada

Ambasciatore

 

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