Lettera aperta al signor Presidente della Repubblica, dr. Azeglio Ciampi

Di Gemma Andrea, Vescovo
29 Novembre 2001
Signor Presidente, perdoni l’iniziativa, ma non vorrei che certi luoghi comuni continuino ad ingannare i semplici. Partecipavo con gioia alla “festa dell’unità d’Italia e delle forze armate” il 4 novembre scorso.

Signor Presidente, perdoni l’iniziativa, ma non vorrei che certi luoghi comuni continuino ad ingannare i semplici. Partecipavo con gioia alla “festa dell’unità d’Italia e delle forze armate” il 4 novembre scorso. Avevamo pregato in Cattedrale – anche per Lei signor Presidente – e ci eravamo recati al monumento ai caduti. Tutto bello, tutto coralmente sentito, compreso l’inno nazionale. Poi, la doccia fredda: il suo messaggio, signor Presidente. Alti pensieri, nobili richiami, doverosa partecipazione. L’accenno al Risorgimento e, addirittura, a quel Garibaldi che, creda, ad Isernia, è tristemente famoso, insieme alle sue truppe mercenarie. Quel richiamo a una storia, per fortuna quasi dimenticata, è stato fuori luogo. Creda, nessuno di noi vuole tornare indietro di 150 anni, se non altro per non riaprire piaghe sanguinanti; nessuno vuole ripristinare il regno di Napoli e la dinastia borbonica, dalla quale peraltro il Sud ha ricevuto grandi benefici; nessuno vuole rimettere in piedi lo Stato pontificio, sottratto al legittimo sovrano, con guerra non dichiarata e quindi contro lo ius gentium, plurisecolare; nessuno vuole frazionare l’Italia; ma nessuno ci potrà convincere della bellezza esaltante di un’azione che a suo tempo, il mondo intero, ha stigmatizzato coralmente; nessuno potrà accettare l’accomodante esaltazione di un avventuriero armato che con le sue truppe mise a ferro e fuoco le pacifiche zone del Sud, tra cui la mia città episcopale. Le teste tagliate degli iserniani esposte al pubblico ludibrio sono su stampe e documenti dell’epoca. Nessuno di noi vuole rivangare il passato, signor Presidente, soprattutto un tale passato… Non lo può fare nemmeno Lei, travisando la storia. I nostri avi dicevano: «Parce sepultis!». Per carità, signor Presidente, non ci costringa a tirar fuori dagli armadi certi scheletri ripugnanti… Cerchiamo di costruire un’Italia migliore, insieme ai nostri giovani, i quali conoscono la storia e guardano al futuro, senza ripristinare travisamenti di una storia che ormai i più avveduti conoscono. Le suggerisco la lettura di un simpatico libro di una giovane studiosa d’Italia: Risorgimento da riscrivere. Lasci stare il “Risorgimento”, signor Presidente e parliamo di “rivincita” morale, civile, religiosa che la nostra Italia merita e di cui tutti, insieme, vogliamo essere artefici operosi, senza nostalgie per un passato non troppo antico, che ha assai poco da insegnarci. Perdoni l’ardire ma non potevo tenermi dentro quanto qui Le ho accennato. «Nessun silenzio comprato!» – è uno dei miei motti preferiti. La saluto

Andrea Gemma, vescovo

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