Let’s Bake Art. Per imparare la cucina dall’arte
PITTORI AFFAMATI. Sono ben 79 le ricette contenute in Let’s Bake Art, tutte originali pensate dall’autrice, e tra le istruzioni delle ricette vengono anche raccontate le opere d’arte e la simbologia dei cibi contenuti in esse. Perché i pittori erano prima di tutto esseri umani come tutti, affamati e golosi, come Claude Monet che, tra una ninfea e l’altra, trovò il tempo per scrivere il ricettario di famiglia.
Come racconta l’autrice, l’idea di scrivere un manuale di cucina diverso dal solito le è venuta così: «Vi siete mai chiesti se anche ai grandi artisti fosse venuta l’acquolina in bocca durante l’esecuzione di una natura morta con frutta e dolciumi? Se una volta posato il pennello anche loro varcavano la soglia della cucina pronti, come tutti i comuni mortali, a preparare la cena?». Le pagine del libro sono strutturate in modo che, oltre alla spiegazione della ricetta, il lettore possa anche fare un ripasso di storia dell’arte, con tante curiosità sui pittori e sul perché erano appassionati proprio di quell’alimento. Per esempio, nella pagina dedicata a Frida Kahlo, non potevano che esserci i tacos con peperoncini e panna acida, tipico messicano, intrecciato al suo modo colorato di fare arte. Oppure guardando la magnifica Colazione dei canottieri di Paul Cezanne non poteva che esserci la crema d’acciughe, piatto molto provenzale, terra dalla quale il pittore proveniva.
[pubblicita_articolo]UN PO’ DI STORIA. Molto interessante è la parte introduttiva di Let’s Bake Art, in cui l’autrice compie un rapido excursus della storia dell’arte, prima di mettersi il grembiule e passare a eseguire le ricette. Il percorso storico comincia con i pittori fiamminghi e il tocco delicato di Jan Vermeer che ritrae una lattaia in cucina, intenta a preparare un pasto per i suoi padroni. Grazie a quello che importavano le tante colonie olandesi, i pittori ebbero modo di riempire i quadri di cibo esotico, proveniente dalle Indie. Nell’Ottocento invece si scorgono nell’arte i prodromi della ristorazione moderna. Prima dell’avvento della nouvelle cuisine più recente, invece, nel Novecento il Futurismo sfocia sulle tavole, seppur con tentativi poco graditi ai più. Degli spiedini di gerani di Filippo Tommaso Marinetti, per esempio, s’è persa ogni traccia.
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