
L’esercito invisibile della Ddr
Da quando, nel giugno quest’anno, gli americani hanno consegnato ai tedeschi i 381 Cd-Rom che costituiscono il cosiddetto “dossier Rosenholz” (ovvero i nomi delle 200mila spie tedesche, dell’est e dell’ovest assoldate dalla ex Ddr e in servizio permanente al totalitarismo comunista fino al 1989) in Germania è al lavoro una commisione governativa presieduta da Marianne Birthler. Non c’è dubbio che le pressioni che la commissione subisce siano pesantissime. Ma i portavoce di Cdu, Csu e Verdi chiedono controlli minuziosi per tutti i membri del Bundestag e dei parlamenti regionali. A tutto ciò fa da sfondo un agitato scenario interno, con una serie di inchieste che agitano le istituzioni tedesche. Sono ad esempio in corso intensi accertamenti alla Rundfunk Berlin Brandenburg (Rbb), una emittente radiofonica di notevole importanza della Germania Ovest. La Rbb avrebbe a suo tempo collaborato con il ministero per la sicurezza di Stato della Germania Est, il cosiddetto MfS (Ministerium fuer Staatssicherheit). In attesa di un inizio ufficiale delle indagini, il consiglio di amministrazione della Rbb ha “caldamente suggerito” un controllo di tutti i conduttori di programmi, di tutti i dipendenti fissi, nonché di tutti i collaboratori esterni. Dal “dossier Rosenholz” sono saltati fuori nomi come Lothar Bisky, leader della Pds (i post-comunisti tedeschi) e Guenter Wallraff, giornalista e scrittore emblema della sinistra intellettuale. Lothar Bisky ha già ammesso da tempo di aver collaborato per lunghi anni con il governo della Ddr. La sua collaborazione, ha spiegato in un’intervista al Die Zeit, si sarebbe però solo limitata a fornire dei “pareri tecnico-scientifici” al MfS. Pochi giorni fa però sono arrivate le dichiarazioni della Birthler in persona, secondo cui Bisky, a quanto indicano i dati in possesso della commissione, «era un “collaboratore informale” (i cosiddetti Im, ndr) della Stasi». Il che è altra cosa dall’attribuirgli una semplice collaborazione con il governo della Ddr: è una esplicita accusa di collaborazione con la sua polizia segreta. Bisky smentisce le affermazioni della Birthler, ma in ogni caso figura nei registri della MfS già dal 1966. In seguito il rapporto con la Ddr ebbe un momento di crisi fino a che il professor Bisky – stimato docente di scienze delle comunicazioni – non divenne rettore della facoltà di film e televisione di Potsdam-Babelsberg. A quel punto, e siamo nel 1986, il rapporto si fece nuovamente intenso fino all’abbattimento del muro di Berlino di tre anni dopo.
Il caso Wallraff
Guenter Wallraff deve la sua fama al giornalismo d’inchiesta che ne ha fatto uno dei personaggi più discussi di tutta la scena culturale tedesca. Famosissimo è il suo libro-scandalo dei primi anni ’80, Ganz unten (“Sul fondo”). Per scrivere il libro, Wallraff si finse un immigrato turco che per campare lavorava da McDonald’s, da muratore e poi da cavia umana per nuovi medicinali. Il libro divenne un caso letterario («il libro denuncia l’apartheid nel bel mezzo della democrazia» lo definì allora la grande stampa e vendette 2,2 milioni di copie). Wallraff figura come collaboratore informale della Stasi in più punti del dossier Rosenholz. Wallraff però si difende veementemente dalle accuse («non ero una spia, casomai è il mio nome che figura in un elenco di spie») e riferisce che la sua attività si limitò a delle ricerche su criminali nazionalsocialisti negli archivi della Ddr tra il ’68 e il ’71. Ammette soltanto che per un certo periodo i suoi scritti di “inchieste sociali” erano molto apprezzati nella Ddr, e che su di lui nella Ddr venne addirittura fatto un film-documentario dal titolo Steckbrief eines Unerwuenschten (“Cartellino di un indesiderato”). A carico di Wallraff vi è però un indizio pesante, il cosiddetto “Dossier Sira”. Che è in realtà il registro della posta in entrata della Stasi, dove figurano solo i nomi di chi effettivamente inviò della posta ai servizi segreti della Ddr. E Wallraff è uno di questi nomi.
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