L’eredità del cardinale O’Connor alla sua New York di molta fede e poca ragione

Di Lorenzo Albacete
24 Maggio 2000
West Side Story

Alcuni anni fa, vedendo New York per la prima volta, un arcivescovo italiano che è anche un mio caro amico ha detto: “Come si può predicare il Vangelo in un posto del genere? Adesso credo di capire meglio i vescovi americani e la loro insistenza quando dicevano che in qualche modo le cose qui sono diverse, che certe cose devono essere fatte in modo diverso”. (Si riferiva alla preoccupazione di Roma per un’avvertita rilassatezza della gerarchia americana in certe zone…). Ho pensato a lui questa settimana durante i funerali del cardinale di New York John O’Connor. Mi sono chiesto cosa il mio amico ne avrebbe pensato. Per qualche ora questa settimana, come ogni volta che muore uno dei Kennedy, il cattolicesimo americano è ritornato nuovamente al centro della scena nella programmazione della maggior parte dei media nazionali. E’ stato certamente un “momento cattolico”. Uno dei momenti più significativi della cerimonia è stato l’applauso durato 2 minuti quando, all’omelia, il cardinale Bernard Law di Boston ha detto che l’eredità di O’Connor è stata la sua chiara, ripetuta e coerente insistenza sul fatto che la Chiesa Cattolica deve essere “a favore della vita senza ambiguità”. Le telecamere hanno immediatamente mostrato il primo piano delle facce imbarazzate e sorprese dell’elite politica della città, dello stato e della nazione, tutte presenti sulle prime panche della Cattedrale.

Era presente il cattolico e abortista governatore di New York, il sindaco cattolico e abortista della città, il portavoce del Consiglio municipale, un cattolico che ha difeso il diritto all’aborto durante la campagna elettorale per diventare senatore; il Presidente degli Usa, abortista e favorevole alla pena di morte, educato in una università cattolica; sua moglie, candidata al Senato che ha bisogno dei voti degli abortisti, delle femministe, dei gay e dei cattolici se vuole vincere la campagna elettorale; il membro del senato, intellettuale cattolico abortista che lei vorrebbe sostituire; il senatore abortista che due anni fa ha sconfitto un senatore cattolico anti-abortista; il precedente presidente degli Usa, sostenitore della pena di morte, insieme a suo figlio, che mira a diventare il futuro presidente grazie al voto dei cattolici “favorevoli alla vita”; il vice-presidente e il candidato presidenziale che in un primo momento si erano opposti all’aborto, ma poi non hanno potuto vincere la successiva elezione senza il sostegno dei gay e delle femministe. E uno si chiede che cosa sia mai passato loro per la mente. La reazione spontanea ed entusiastica dell’assemblea dei fedeli è sembrata un momento d’orgoglio per il cattolicesimo americano. Tuttavia nonostante il coraggio del cardinale Law e l’apprezzamento di così tanti di coloro che erano presenti o sparsi per il paese che si sono sentiti orgogliosi di essere cattolici in quel momento, sorge una domanda spiacevole. Le potenti personalità politiche presenti erano indubbiamente imbarazzate, ma non avrebbero dovuto esserlo anche i cattolici americani, se a dispetto degli sforzi infiniti di un uomo come il cardinale O’Connor, una persona che aveva davvero saputo conquistare i cuori dei newyorkesi e di così tante altre persone in tutto il paese, a dispetto della presa di posizione chiara e senza ambiguità dei vescovi americani (dal concepimento alla morte naturale) – a dispetto di tutto questo, dunque, è ancora quasi impossibile per un cattolico candidarsi per le cariche pubbliche a New York e sperare di vincere se segue gli insegnamenti a favore della vita del cardinal O’Connor e dei vescovi americani? John F. Kennedy è stato il solo presidente cattolico degli Usa ed è stato costretto a dichiarare che la sua fede cattolica non avrebbe avuto nulla a che fare con le sue decisioni come presidente. L’attuale presidente è il primo presidente degli Usa educato nelle scuole cattoliche e il fatto che debba vergognarsi durante i funerali del più eminente arcivescovo cattolico del suo paese è considerata una vittoria cattolica? I cattolici americani non dovrebbero almeno sentirsi a disagio per l’inconsistenza dei loro sforzi educativi? Il mio amico vescovo italiano aveva ragione a domandarselo. Come si può mai predicare il Vangelo in questa società? Negli ultimi anni della sua vita il cardinale O’Connor aveva cominciato a capirlo. Aveva cominciato a capire che il problema dei cattolici non è la mancanza di risorse, di mezzi, di tentativi, di argomenti chiari e persuasivi.

E non si tratta neppure della mancanza del sentimento religioso, non in questo paese ultra-religioso. A livello morale, molti che non erano d’accordo con lui ammiravano comunque le sue forti convinzioni, ma in qualche modo non si sentivano sfidati da lui a cambiare le proprie. Perché? “Perché la Chiesa ha perso questa gente?” mi chiese un giorno questo uomo così potente.

Come ha detto il cardinal Ratzinger, la predicazione della Chiesa non è più convincente perché la gente ormai non crede più che si possa conoscere Dio attraverso la propria ragione. Pensa che si possa conoscere solo attraverso un particolare stato d’animo, col sentimento. E i sentimenti sono assolutamente soggettivi. Oggi negli Usa questa separazione della religione dalla verità è precisamente la posizione più adeguata alla passione americana per la libertà. Puoi sciorinare ragioni una dopo l’altra fino a diventare blu e, nelle discussioni religiose, non convincerai nessuno. E tuttavia l’annuncio cristiano si è diffuso in tutto il mondo proprio perché unisce fede e ragione. Lo può fare ancora? Solo se riusciamo a dimostrare che ragione e amore coincidono come colonne della realtà. Solo se il nostro ragionare è il frutto di un incontro con la Presenza dell’Amore. Questo è quello che alla fine il cardinale O’Connor è diventato per noi: un testimone credibile di questa Presenza. Possa egli adesso goderne pienamente, per sempre.

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