«Sparire perché rimanga Cristo». Il programma di Leone XIV oltre le letture politiche

Di Piero Vietti
10 Maggio 2025
Giornalisti e commentatori, ancora spiazzati dall’elezione di Prevost, provano a tirarlo per la tonaca. Lui fa un’omelia in Sistina per ribadire la missione della Chiesa: annunciare Gesù
Leone XIV
Papa Leone XIV impartisce la benedizione finale al termine della messa Pro Ecclesia nella Cappella Sistina (foto Vatican Media/Ansa)

L’elezione del cardinale americano Robert Prevost al Soglio pontificio, dove ha preso il nome di Leone XIV, ha spiazzato tutti: i profili giornalistici usciti su di lui per ora restano in superficie, si fa ricorso ai suoi tweet per inquadrare le sue idee politiche, si immaginano prese di posizione future su certi temi basandosi sul semplice fatto di essere stato nominato da Francesco, si ricorre al pensiero di sant’Agostino per cercare di definire il suo.

«Leone XIV sarà un Francesco II», «No, è in discontinuità»

Come prevedibile, è partita la gara a chi gli tira di più la talare (o il camice di pizzo indossato ieri durante la Messa nella Cappella Sistina): sarà un Francesco II, dicono alcuni (fratello di Prevost compreso), basta sentire come parla di pace e ponti e di come ha da sempre a cuore i migranti; “Non è Francesco”, dicono altri (e titola Libero), ha indossato la mozzetta, ritirato fuori dal baule la ferula d’oro di Benedetto XVI, usa il retto tono, canta in latino, fa pregare la Madonna.

Su siti e giornali si è letto di tutto, chi parla di “continuità nella discontinuità”, chi la butta sul “mondo Maga” che trema, chi parla di “rivincita dell’America liberal”, chi ricorda le prese diposizione dure sul gender e il poco entusiasmo per le cause Lgbtq+, chi pur esaltandone l’indole di missionario tra i poveri storce il naso per il “ritorno alla tradizione” per i paramenti sacri che ha deciso di indossare. Il più onesto è stato Timothy Broglio, presidente della Conferenza episcopale americana, che alla domanda di Repubblica su cosa si aspetta dal punto di vista teologico da papa Leone ha risposto: «Bisogna vedere cosa pensa lui».

Il patrimonio della Chiesa secondo Leone XIV

Un buon punto di partenza – oltre alla bella intervista fatta al Tg1 nei giorni prima del conclave in cui Prevost racconta la sua vocazione, la sua famiglia cattolica, il desiderio di fare il missionario, l’importanza dell’eucarestia nella sua vita e la sua idea di Chiesa che deve annunciare Cristo anche a costo del martirio – è l’omelia che Leone XIV ha pronunciato ieri nella Cappella Sistina, in occasione della sua prima Messa da papa, quella Pro Ecclesia. Commentando il Vangelo in cui Cristo chiede ai discepoli «voi chi dite che io sia?», Leone ha esordito dicendo che la risposta di Pietro – «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente» – «esprime in sintesi il patrimonio che da duemila anni la Chiesa, attraverso la successione apostolica, custodisce, approfondisce e trasmette».

Il compito della Chiesa è annunciare questo, ha ammonito, per poi aggiungere: «In particolare poi Dio, chiamandomi attraverso il vostro voto a succedere al Primo degli Apostoli, questo tesoro lo affida a me perché, col suo aiuto, ne sia fedele amministratore a favore di tutto il Corpo mistico della Chiesa; così che Essa sia sempre più città posta sul monte, arca di salvezza che naviga attraverso i flutti della storia, faro che illumina le notti del mondo. E ciò non tanto grazie alla magnificenza delle sue strutture o per la grandiosità delle sue costruzioni – come i monumenti in cui ci troviamo –, quanto attraverso la santità dei suoi membri».

Gesù «personaggio curioso»

Prevost ha poi ricordato che Cristo ai suoi discepoli chiede anche che cosa la gente dica di lui. Una domanda quanto mai attuale, e «non banale», a cui il mondo risponde considerando Gesù al massimo «un personaggio curioso, che può suscitare meraviglia con il suo modo insolito di parlare e di agire. E così, quando la sua presenza diventerà fastidiosa per le istanze di onestà e le esigenze morali che richiama, questo “mondo” non esiterà a respingerlo e a eliminarlo». Ma a quella domanda risponde anche la gente comune, a cui Gesù piace perché «è un uomo retto, uno che ha coraggio, che parla bene e che dice cose giuste»: è solo un uomo, però, e quando seguirlo diventa rischioso lo abbandona.

Leone XIV
Papa Leone XIV applaudito dai cardinali dopo la Messa nella Cappella Sistina (foto Ansa)

Dove «urge la missione»

«Anche oggi non sono pochi i contesti in cui la fede cristiana è ritenuta una cosa assurda, per persone deboli e poco intelligenti; contesti in cui ad essa si preferiscono altre sicurezze, come la tecnologia, il denaro, il successo, il potere, il piacere». Ma è proprio lì, ha detto il Papa, che «urge la missione, perché la mancanza di fede porta spesso con sé drammi quali la perdita del senso della vita, l’oblio della misericordia, la violazione della dignità della persona nelle sue forme più drammatiche, la crisi della famiglia e tante altre ferite di cui la nostra società soffre e non poco». E come duemila anni fa, anche oggi c’è chi considera Gesù un leader carismatico e basta. «Questo è il mondo che ci è affidato», ha detto Leone XIV, «perciò, anche per noi, è essenziale ripetere: “Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente”».

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L’annuncio di Cristo come missione per la Chiesa, fino al martirio, fino a “sparire” come sant’Ignazio di Antiochia, che scriveva ai cristiani: «Allora sarò veramente discepolo di Gesù Cristo, quando il mondo non vedrà il mio corpo». Si riferiva all’essere divorato dalle belve nel circo, ha concluso il Papa, «ma le sue parole richiamano in senso più generale un impegno irrinunciabile per chiunque nella Chiesa eserciti un ministero di autorità: sparire perché rimanga Cristo, farsi piccolo perché Lui sia conosciuto e glorificato, spendersi fino in fondo perché a nessuno manchi l’opportunità  di conoscerlo e amarlo».

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