
Lenti da campioni
Il guizzo ce l’ha avuto il signor Rudy. Nel 1985. Si occupava di accessori per l’abbigliamento sportivo, roba seria, anche per professionisti, come gli stivali per gli spericolati delle due ruote. Gli piaceva il suo mestiere, lo faceva bene. Conosceva mezzo mondo. E tratteneva il buono che incontrava. Vedi mai che un giorno. Quel giorno è arrivato. L’idea: mettersi in proprio sviluppando grande competenza nella produzione di occhiali sportivi. Poteva essere un gioco all’inizio. «Siamo partiti che non avevamo neppure l’azienda. Però, qualcosa mi diceva che non crederci sarebbe stata una sciocchezza». Eccolo Rudy Barbazza, vulcanico fondatore di Rudy Project. Undici anni dopo cammina ancora spedito nella sua azienda tra il reparto spedizioni, la sala dove si studiano gli occhiali del futuro, l’ufficio dove trilla di continuo il telefono; «è un buon segno perché quasi sempre sono chiamate che parlano di ordini». E sorride. Poi indica i figli. «Sono loro però a tirare avanti l’azienda, a farla crescere di fatturato e prestigio. Gliel’ho affidata. Come si fa con la dote, insomma. Ho visto giusto perché sono figli che danno soddisfazione. Lavorano e ci mettono tanta passione. Ognuno ha le sue responsabilità, però si parlano, si consigliano e alla fine prendono le decisioni. Perché le decisioni vanno prese. E diciamo che chiedono ancora un mio parere. Non è una cosa bella?». Il signor Barbazza sa già la risposta. I figli sono lì, a un passo, che ascoltano. «Papà c’è eccome in azienda. Scatta come una molla, è presente, sulle grandi come sulle decisioni apparentemente meno importanti. Guardandolo in azione impariamo ancora. Questo non vuol dire che siamo sempre d’accordo su tutto. Abbiamo anche noi le nostre baruffe. Ci accendiamo. Però siamo uniti. Siamo una famiglia non a caso. E spero che questa unità si respiri in azienda. Sarebbe difficile anzi impossibile tenere in piedi un’azienda, essere innovativi, competitivi, se non ci fosse un’educazione e una formazione». Simone Barbazza, il fratello più giovane, che si occupa del marketing e della comunicazione ascolta il fratello e annuisce. Il maggiore si chiama Cristiano Barbazza. Oggi è il presidente di Rudy Project. Ma in ditta ci è praticamente cresciuto. «Mio padre che girava il mondo e vendeva e io che il mattino studiavo e il pomeriggio in ufficio leggevo i fax e cercavo di capire. E siccome papà spesso era in viaggio, toccava al sottoscritto prendere qualche decisione. Se ci penso adesso…».
Cristiano ha una laurea in Economia e commercio presa nel 1988. «Mio padre, responsabilizzandomi subito, mi ha comunicato senza dirmelo una cosa che poi è diventata il mio modo di guidare l’azienda: liberare le potenzialità delle persone che lavorano qui. Valorizzandole, facendole sentire importanti. Questo aiuta molto a creare un buon clima. Sul posto di lavoro passiamo gran parte della nostra giornata, sarebbe un guaio se ci trovassimo male».
Rudy Project è a Treviso. Appena qualche chilometro dal meraviglioso centro storico.
L’headquarter ospita, oltre la presidenza e le direzioni marketing e commerciale, i reparti ricerca e sviluppo, controllo qualità, spedizioni. Lì non si produce. «La produzione degli occhiali è tutta sul territorio trevigiano. Un distretto che funziona e che è cresciuto con noi. Anzi, devo dire che alcune realtà produttive sono partite con l’inizio della nostra avventura», spiega Cristiano.
Sono 21 anni che Rudy Project cresce. Nel 2005 ha chiuso con un fatturato di 11.500.000 euro, con un incremento di 500 mila euro rispetto all’anno precedente. La previsione 2006 è di terminare a quasi 12 milioni. E circa l’80 per cento del fatturato deriva dalla voce esportazione. «Esportazione in paesi tradizionalmente difficili come, per fare un solo esempio, gli Stati Uniti. Dove siamo presenti direttamente dal 1998 con una filiale in Colorado. Il made in Italy che ha un valore viene guardato all’estero con grande rispetto. Il nostro sforzo è proprio quello di non deludere mai questa stima. Gli occhiali che realizziamo sono prodotti molto curati, quasi in modo maniacale. Il cliente deve poter sempre riconoscere la nostra mano, la nostra esclusività. Perché in giro ci sono troppe imitazioni. Che generano turbativa e confusione. L’unico modo che abbiamo di tenerci al riparo da queste insidie è la qualità, la qualità e ancora la qualità». Dice questo il giovane imprenditore mentre ci porta a visitare il posto della creatività dove s’incontrano giovani talenti che studiano e disegnano sagome che diverranno occhiali sportivi assai apprezzati, perché innovativi, anche nel design. Il responsabile di quest’area strategica è uno svizzero di 36 anni, David Michaud. «è qui da 10 anni, un professionista che ama il suo mestiere. E se ami il tuo mestiere i risultati non possono che essere buoni», dice Cristiano.
Dagli stadi alle caserme
E a proposito di risultati, quelli della Rudy possono andare orgogliosi di alcune perle conquistate letteralmente sul campo. «Alle olimpiadi di Torino tra atleti e nazionali che sponsorizziamo e che gareggiano con i nostri occhiali, abbiamo conquistato 45 medaglie, 23 d’oro. Come abbiamo fatto? Lavorando sodo e giocando d’anticipo. Individuando quelli che potevano essere i possibili protagonisti della prestigiosa manifestazione. Cinque anni di fatica in giro per il mondo a chiudere contratti con atleti che nel loro sport sono autentici fuoriclasse». Cristiano Barbazza confessa anche che l’azienda è già impegnata per ottenere allori all’appuntamento olimpico di Pechino, nel 2008. Così il presidente gira parecchio il mondo in lungo e in largo. Frequenta le più griffate kermesse sportive, dagli Australian Open di tennis alla Coppa America. E che gli piacciano questi incontri ravvicinati certo non lo nasconde perche «sono tra le cose più belle del mio lavoro. Conosco atleti straordinari e mi confronto con paesi che meritano di essere conosciuti. E mi interessa così tanto questo aspetto che mi preparo prima, informandomi sulla storia, sugli usi e costumi di quei luoghi». Riecco il signor Rudy. Gli parla di un generale che ha chiamato. Boh. «Ah già, non l’ho detto, ma Rudy Project fornisce occhiali particolari per reparti operativi dell’esercito italiano impegnati in missioni difficili. Si tratta di prodotti davvero sofisticati che prima di essere forniti devono superare importanti test balistici. La cosa bella è che è stato l’esercito a mettersi in contatto con noi». Papà non aggiunge parole. Non ce n’è bisogno.
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