
Le sanzioni contro la Russia di Putin non stanno funzionando

La disavventura dell’embargo sul petrolio russo, annunciato un mese fa e non ancora varato, dovrebbe aver insegnato alla presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, di non vendere la pelle dell’orso prima di averlo catturato. Ma di imparare dall’esperienza la leader dell’Ue non ha nessuna intenzione e così martedì ha assicurato che per mettere «massima pressione a Putin e al suo cerchio magico» Bruxelles confischerà e venderà i beni congelati delle élites russe per racimolare i miliardi con cui finanziare la ricostruzione dell’Ucraina devastata dalla guerra.
La confisca dei beni russi è molto difficile
L’idea, già annunciata anche da Stati Uniti e Canada, presenta già di suo problemi legali e giurisdizionali. Ma nel caso dell’Unione Europea esistono scogli tecnici difficilmente superabili e che dovrebbero suggerire alla Von der Leyen più cautela nelle dichiarazioni.
La proposta della Commissione europea consiste nel considerare reato la violazione delle sanzioni, da inserire dunque nell’elenco dei “reati Ue”, per permettere la confisca dietro lo scudo del codice penale. Perché l’operazione sia efficace tutta l’Ue deve adottare questa strategia, ma solo 14 paesi membri su 27 prevedono già il reato. Come nota realisticamente Repubblica, «adeguare la legge negli altri 13 significa aspettare un bel po’ di tempo».
L’epopea dei ricorsi in tribunale
Attualmente il valore dei beni appartenenti agli oligarchi congelati in Europa ammonta a 10 miliardi. Se anche questi fondi venissero confiscati e venduti, apparterrebbero di diritto al paese dove è stata effettuata la confisca e non sarebbe immediato il loro utilizzo per la ricostruzione dell’Ucraina tramite un fondo europeo. Come riconosce ancora Repubblica, «sembra più una speranza che una opzione concreta».
Senza contare, poi, che a fronte di una confisca i cittadini russi potrebbero fare ricorso nei tribunali europei dai quali, secondo uno studio del Parlamento europeo, uscirebbero quasi sicuramente vincitori se pur dopo anni di udienze. L’intero piano, dunque, è più un pourparler che altro e farà probabilmente la stessa fine dell’embargo sul petrolio.
Il botta e risposta tra Russia e Usa
Molto più efficace, per colpire economicamente la Russia, è stata la mossa degli Stati Uniti, che ha lasciato scadere, senza rinnovarla, una licenza che in questi due mesi aveva autorizzato gli investitori americani – malgrado le sanzioni – a ricevere da Mosca attraverso banche americane e internazionali pagamenti degli interessi, dividendi o cedole su bond detenuti dalla Banca centrale russa. Questo, secondo il Sole24Ore, «rende di fatto inevitabile un default sul debito estero sovrano».
Il Cremlino ha contrattaccato parlando di «default artificiale», assicurando che i debiti (che ammontano ad appena 20 miliardi) verranno pagati in rubli. «Abbiamo sia i soldi che il desiderio di effettuare i pagamenti», ha dichiarato il ministro delle Finanze russo, Anton Siluanov.
«Le sanzioni non stanno funzionando»
Il problema è che il ministro sembra aver ragione, nonostante l’Occidente abbia congelato alla Russia 300 miliardi di dollari, circa metà delle riserve in valuta accantonate negli anni dalla Banca centrale. Infatti, secondo un’analisi sullo Spectator di Wolfgang Münchau, «le sanzioni non stanno funzionando, almeno non nel modo in cui avrebbero dovuto» secondo le intenzioni di chi le ha varate.
Il surplus commerciale della Russia da gennaio ad aprile ha fatto registrare uno stratosferico +96 miliardi, quattro volte più alto di quello del periodo corrispondente del 2021. Alla fine dell’anno potrebbe raggiungere i 250 miliardi, poco meno delle riserve di valuta estera congelate attraverso le sanzioni.
E questo, spiega Münchau, non perché «la Russia stia esportando più petrolio e gas» ma perché «la guerra ha fatto decollare i prezzi dell’energia». Mosca nel lungo periodo soffrirà senza dubbio dell’impossibilità di acquistare beni e componenti tecnologiche dall’Occidente, affrontando un periodo di recessione, ma «nel tempo la situazione dovrebbe migliorare per Putin».
Le armi spuntate dell’Ue
Non solo perché l’Europa, soprattutto la Germania, sembra mirare a raggiungere un accordo di pace tra Russia e Ucraina al quale far seguire «un allentamento delle sanzioni», continua Münchau, ma anche perché il Cremlino potrebbe acquistare i prodotti di cui ha bisogno da paesi terzi, come la Cina. Putin, è la considerazione finale dell’analista, «potrà anche arrancare sul fronte della guerra militare. Ma non penso che stia perdendo la guerra economica».
L’impressione che l’Unione Europea sia in una evidente fase di stallo, per quanto riguarda le sanzioni, e che non possa più spingersi oltre a ciò che ha già fatto, sembra avvalorare questa tesi.
Foto Ansa
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