Alcuni giorni fa mi è capitato un fatto curioso.
Recatami negli uffici comunali di zona per rinnovare un documento scaduto, essendomi stato chiesto dall’impiegata quale fosse la mia professione, ho risposto istintivamente “insegnante”, anche se sono in pensione da alcuni anni. Forse la persona davanti a me aveva percepito che la mia risposta nasceva da una antica e profonda passione, fatto sta che, nel restituirmi il documento, improvvisamente mi chiede: “Mi scusi signora, posso farle una domanda? Ho una bambina di cinque anni: secondo lei l’anno venturo dovrei mandarla a una scuola pubblica o a una privata?”. Dato il contesto, la domanda mi ha stupito non poco e ho cercato rapidamente di sintetizzare alcuni criteri per una scelta, cercando di ricordare come avevo fatto per i miei quattro figli. Il discorso si è animato e a un certo punto abbiamo dovuto smettere, visto che la coda dietro di me si stava paurosamente allungando. Alcuni giorni dopo sono stata interpellata da una giovane madre, collega di lavoro di mia figlia, su come aiutarla a scegliere la scuola media per suo figlio e anche in quella circostanza… discussioni a non finire. Queste piccole ma emblematiche circostanze quotidiane hanno suscitato in me una serie di riflessioni relative al dibattito sulla libertà di educazione oggi in corso nel paese. Innanzitutto è evidente che l’argomento scuola è uscito dalle stanze istituzionali degli addetti ai lavori e sta ridiventando un fatto interessante per la gente comune. Si dà sempre meno per scontato che vada bene la scuola che è “sotto casa”, come si è fatto per tanto tempo: ragazzi e genitori iniziano a rendersi conto, grazie anche alla introduzione dell’Autonomia, che le scuole non sono né “neutre” né tantomeno uguali le une alle altre e che ogni scelta genera ricadute significative sulla personalità di chi le frequenta.
Le famiglie, pur in mezzo a grandi difficoltà, stanno riprendendo consapevolezza di essere un soggetto primario indispensabile per introdurre i ragazzi nella realtà, ma d’altro canto sanno di non poter esaurire da sole tale compito. I genitori per affrontare adeguatamente la crescita dei propri figli, oggi sempre più difficile e problematica, necessitano di un aiuto sostanziale da parte della scuola e di una relazione non formale con l’istituzione scolastica nell’ottica di un buon esito educativo.
La relazione scuola-famiglia sarà sempre problematica perché si tratta di un rapporto tra due potestà entrambe sovrane nel proprio campo di interesse (un po’ come tra Stato e Chiesa) e che, dovendosi misurare sullo stesso terreno, non intendono cedere nulla delle loro prerogative.
Se tra Stato e Chiesa è stato necessario un Concordato, occorre riscrivere un patto tra scuola e famiglia, definendone regole e caratteristiche. Tale patto non potrà essere costituito se non su quella parola che è echeggiata a Roma il 30 ottobre scorso: “Libertà”.
Il rapporto scuola-famiglia, per potersi esprimere, ha strutturalmente bisogno di libertà: sul tema delicato della educazione di un ragazzo non è possibile una relazione tra adulti se non sul fatto di aver accordato una consapevole fiducia a chi si ha di fronte e sulla condivisione del progetto educativo di cui l’altro è portatore. Quando è possibile attuare questa scelta (sia della scuola che nella scuola) allora possono nascere fatti e iniziative che incidono sull’ambiente scolastico.
A questo proposito un esempio interessante è la recente costituzione a Milano, al liceo Berchet, di una Associazione denominata curiosamente “Le colonne d’Ercole” con lo scopo di promuovere iniziative culturali nonché manifestazioni pubbliche per incrementare e arricchire l’educazione dei ragazzi (tra le prime iniziative in programma vi è l’esposizione, nei locali della scuola, di una mostra del Meeting di Rimini e un incontro con l’autore). Una importante novità è data dal fatto che l’Associazione è costituita da genitori, insegnanti e personale non docente: non si tratta della rivendicazione della categoria “famiglia” opposta alla categoria “scuola”, l’una contro l’altra armate, come spesso è accaduto. Siamo di fronte a una libera alleanza tra adulti fondata sulla condivisione di un comune orizzonte culturale e di concrete iniziative indirizzate alla crescita intellettuale e umana degli studenti. Nel dibattito sulla scuola, dunque, due parole chiave sono emerse e si sono imposte alla nostra attenzione: una è libertà, come fattore indispensabile perché adulti e ragazzi possano incontrarsi e ridare vitalità a una scuola italiana troppo spesso ingessata in vuoti formalismi; l’altra è cultura, come ricerca appassionata di un giudizio critico sulla realtà che aiuti il formarsi di identità forti, in grado di reggere le sfide del futuro.