Laura è entrata nel mio ufficio e ha chiuso la porta. Poi è successo un miracolo

Di Marco Cobianchi
12 Marzo 2020
Un piccolo miracolo era successo a una ragazza che lavorava con me. Mi sono sentito anche io parte di quel piccolo gigantesco miracolo
Ufficio

Articolo tratto dal numero di marzo 2020 di Tempi. Questo contenuto è riservato agli abbonati: grazie al tuo abbonamento puoi scegliere se sfogliare la versione digitale del mensile o accedere online ai singoli contenuti del numero.

Un giorno entra nel mio ufficio Laura (nome di fantasia), una giornalista un po’ strana. Avete presente Giovanni telegrafista di Jannacci? Quando parla di «cuore urgente»? Ecco: quello è il cuore di Laura. Una che se le dicevi: «Sposta la lampada da qua a là», lei cominciava a mandarti 30 whatsapp per chiederti se la volevi più in là o più in qua; se la doveva accendere o lasciare spenta; se doveva metterci sotto un libro o no. Poi alla fine, ti scriveva che, effettivamente, aveva spostato la lampada.

Laura un giorno bussa alla mia porta. «Scusa, posso entrare?». «Dimmi». «Allora entro». «Sì, dimmi». «Posso chiudere la porta?». Non c’era mai stata occasione di chiudere la porta quando parlavo con Laura. «Certo, chiudi. Che succede? Non mi dire che ti sposi». «No, no, no!». «Hai un’offerta da qualcun altro? Se vai via, prima ti ammazzo poi ti aumento lo stipendio». «No, è che…». «Vai in America?». «No, è che…». «Dai che devo fatturare, forza…».

«Entro in convento».


«Eh sì, entro in convento. È da quasi un anno che ci penso, le ho provate tutte per resistere a questa cosa perché mi sembrava strana, impossibile. Sai, ho anche convissuto con il mio ragazzo per 8 mesi, cioè, dico, sono una ragazza normale. Non andavo nemmeno in chiesa, non faccio parte di nessun movimento, niente… Poi mi sono sentita questa cosa dentro e le ho resistito per un anno. Ho parlato con un frate, che mi ha accompagnato molto discretamente, molto… molto bene. Ogni giorno che passava capivo sempre di più, mi avvicinavo sempre di più a questa cosa e, insomma, adesso non posso più resistere, sarebbe inutile, sarebbe come dire che non c’è, e invece c’è e io non me la sento più di dire di no».

Laura è diventata un fiume in piena, perché Laura parla poco, ma quando attacca non si ferma più. Io la guardavo a bocca aperta, tra l’orgoglioso e lo stupefatto. Un piccolo miracolo era successo a una ragazza che lavorava con me. Mi sono sentito anche io parte di quel piccolo gigantesco miracolo.

Abbiamo parlato per mezz’ora, di tutto, mi ha raccontato tutto ed è stato come lo sbocciare di un fiore, come l’apertura del portone di un castello. È stata un’esperienza incredibile: quel cuore urgente aveva trovato il suo posto e dal giorno in cui entrerà in convento avrà trovato il motivo dell’urgenza.

Poi alla fine, un po’ per asciugarle le lacrime, mie e sue, ho detto una delle mie solite cazzate. «E pensa, Laura, che quando mi hai chiesto di chiudere la porta, credevo che me la volessi dare!». Laura ha riso… ha riso… ha riso… E io con lei.

Foto pxhere.com

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