Rocco Buttiglione Un miracolo ha salvato, il 13 giugno, Rocco Buttiglione. Lo scudo crociato traversato dalla scritta Libertas gli ha dato un 2,2% che lo pone alla testa dei neopartiti protagonisti della maggioranza del governo D’Alema. Il segretario del Cdu però, invece di accogliere con umiltà l’aiuto della Provvidenza, sostiene che gli elettori hanno premiato il suo progetto: hanno votato proprio solo il progetto, senza quasi dare una preferenza. Tutti gli osservatori parlano di voto di nostalgia in una fase di sbandamento politico. Buttiglione no. È un peccato, perché potrebbe utilizzare questa impossibile “affermazione” per lasciare in bellezza (restituendo le umiliazioni subite dai Mastella e dai Cossiga) il ruolo di leader politico che proprio non gli si addice e assumere quello dell’intellettuale della politica nel quale la sua solida cultura gli permette di dare dei contributi.
Adriana Poli Bortone Nel dibattito di An, Adriana Poli Bortone ha posto un problema: l’esigenza che l’area di valori e sentimenti conservatori non perda rappresentanza politica. Una della vie con cui la sinistra ha spesso sconfitto la destra è stata quella di segmentare lo schieramento antagonista in un’area reazionaria da emarginare, in una conservatrice da additare al disprezzo e in una liberale da recuperare. In Francia, Francois Mitterand era maestro di questo gioco. Palmiro Togliatti ha insegnato quest’arte a intere generazioni di comunisti: c’è chi l’ha imparato da pioniere. Gianfranco Fini dice che la destra perde se non coglie il bisogno d’innovazione del sistema politico. C’è del vero nella riflessione del presidente di An. Ma prima viene la questione posta dalla Poli Bortone. Anzi, se la scelta di Fini servirà a dividere la destra tra movimentisti e istituzionalisti, la sinistra userà questo varco.