
Last week, next week 19
Mario Segni Ma perché una figura così aristocratica, che ha meritato nella vita pubblica italiana, deve finire così come sta finendo Mario Segni? La politica è una brutta malattia, una scimmia che, per prendere un’immagine da un altro mondo, in certi casi ti si accoccola sulla spalla e non riesci a scacciarla. Segni dal ’92 al ’94 guidò la battaglia vincente per il maggioritario, poi incredibilmente si mise a organizzare una terza forza tra i due poli. Fu emarginato e si eclissò per un po’. E’ tornato alla ribalta nel ’99 facendosi autocritica e alleandosi ad An, che prima voleva escludere, cercando insieme di far saltare la leadership di Silvio Berlusconi. E’ saltato lui. Ora si ripropone come profeta del bipolarismo e insieme nemico del bipolarismo che c’è: si allea con chi ha avvilito il semimaggioritario esistente come hanno fatto i sostenitori del governo Amato. Comprensibile la sua amarezza, ammirabile la sua costanza. Ma sarebbe bene che riposasse un po’.
Enrico Micheli Enrico Micheli, come tutti coloro che arrivano alla politica in tarda età, non è considerato molto dai professionisti, che guardano con sufficienza i dilettanti. Eppure i professionisti devono stare più attenti: non solo Silvio Berlusconi, ma anche Micheli sta dando dei bei punti a tanti uomini di partito di lungo corso. Certo lui la politica ce l’ha un po’ nel sangue con il suo legame con il vecchio amministratore della Dc, poi essere dirigente dell’Iri nell’era di Romano Prodi era un impegno anche questo molto collegato alla politica. Comunque quel che prima non sapeva, lo ha imparato di corsa facendo l’uomo di fiducia prima di Prodi, poi di Massimo D’Alema, e ora di Giuliano Amato. Questo scassato centrosinistra non pare avere più non solo un’anima ma neanche un leader. Non gli manca, però, un direttore generale-capo del personale che è impegnato, e lo fa con la consueta abilità, a far durare Amato: a prescindere, come direbbe Totò, dai contenuti.
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