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L’ambarabaciccicoccò gender per fare fuori razzisti e populisti tedeschi

Dalla rivoluzione all'anagrafe per il terzo sesso all'opuscolo finanziato dal governo per rieducare i bambini delle famiglie "di destra" fino al rifiuto di ammettere un bambino a scuola

Caterina Giojelli
20/12/2018 - 1:00
Società
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Né maschio, né femmina, ma “divers”, cioè “vario”: in Germania il Bundestag ha approvato una legge che riconosce ai cittadini il diritto di riconoscersi in un terzo sesso, detto, appunto, “vario”. Fortemente sostenuto dal governo, il provvedimento recepisce una sentenza pronunciata della Corte Costituzionale nel novembre 2017 in favore di una persona registrata all’anagrafe come “donna” al momento della nascita, ma che a causa del suo corredo cromosomico atipico era ricorsa a tutti i gradi di giudizio per modificare la dicitura. Richiesta respinta fino allo scorso anno, quando l’Alta Corte ha stabilito che entro il 2018 dovesse venire regolamentata una volta per tutte la situazione: secondo i togati stabilire l’appartenenza al genere maschile e femminile avrebbe leso i diritti della personalità e il divieto di discriminazione degli intersessuali (tra le 80 mila e le 120 mila persone in Germania, sono le cifre incredibili riportate dalla Stampa), a quali dal 2103 era stato riconosciuto il diritto di lasciare la casella bianca. Approdata a una dicitura “positiva” la rivoluzione dell’anagrafe non sembra tuttavia accontentare la comunità lgbt tedesca; secondo la nuova legge, infatti, la presenza di caratteristiche che attestino il terzo sesso dovrà essere certificata da un medico, mentre secondo gay e lesbiche il sesso non si lascia individuare da sole caratteristiche fisiche ma verrebbe determinato anche da fattori sociali e psichici.

«ENE, MENE, MUH»

In questo parapiglia di diritti e polemiche che vedono la Germania, primo paese in Europa ad introdurre una legge su questa materia, interrogarsi se rilevante ai fini della propria identità non sia più ciò che uno è, ma ciò che uno ritiene di essere (maschio, femmina, entrambi, nessuno dei due), il ministero federale tedesco per gli affari famigliari che fa? Finanzia, promuove e firma la prefazione a un opuscolo che è un capolavoro di indottrinamento ideologico ai bambini in età prescolare, ovviamente anche e soprattutto sul sesso. O meglio, sulla necessità di «affrontare l’estremismo di destra, il populismo di destra e il razzismo nel contesto dell’asilo nido». Ma che c’entra il sesso e che c’entrano i piccoli con «le sfide populiste di destra che rendono necessarie nuove contromisure» al centro dell’opuscolo “Ene, mene, MUH – e sei fuori! Disuguaglianza e educazione della prima infanzia”?

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EDUCAZIONE DEMOCRATICA ALL’ASILO

«La nostra società è diventata sempre più polarizzata negli ultimi anni», scrive il ministro Franziska Giffey nella prefazione all’opuscolo di 60 pagine pubblicato dalla Fondazione Amadeu Antonio. «Ecco perché è importante progettare fin dalla prima infanzia una educazione democratica orientata ai diritti dei bambini». Il ministro muove dall’equazione più immigrati uguale più populisti di destra, e i bambini di oggi, «società democratica di domani», è importante che diventino adulti «il più immuni possibile dall’inimicizia focalizzata sul gruppo, dalla violenza religiosa o politica» della famiglia di appartenenza.
SecondoEnrico Glaser e Judith Rahner, autori dell’opuscolo, le istituzioni educative della prima infanzia rappresentano i luoghi della prima educazione democratica per prevenire la discriminazione. Facile è per lo studio riconoscere i razzisti: i populisti di destra si oppongono fra le altre cose alla teoria del genere, alla diversità sessuale, alla sessualizzazione precoce dei loro figli, considerano tutto questo alla stregua di una rieducazione invece che parte integrante di una «missione educativa» («insegnare ai bambini l’uguaglianza di genere e la diversità delle identità di genere e degli stili di vita è parte della missione educativa. Apprendere un atteggiamento democratico, attraverso metodi di educazione alla diversità, è fondamentale per responsabilizzare i bambini contro la discriminazione basata sul sesso o orientamento sessuale e intersessuale e transessuale»).

LA BAMBINA CON LE TRECCE

Insomma, per gli autori la questione di genere è la cartina tornasole dello spettro populista di destra.  L’opuscolo fa infatti della questione islamica, razzista, femminista e del genere un fascio unico, passando in rassegna casi concreti in cui gli atteggiamenti dei bambini all’asilo diventerebbero la spia di un ambiente famigliare xenofobo, razzista, antifemminista, transfobico su cui vale la pena di indagare, intervenire. Dopo quello del bambino che disegna una runa o una svastica a scuola, la professoressa Esther Lehnert e il professore Heike Radvan del team al lavoro sull’opuscolo illustrano il caso dei due fratelli che raccontano poco alla classe di quanto hanno fatto durante il fine settimana, sono molto disciplinati, la ragazza «indossa abiti e porta le trecce», impara a casa a cucire, il ragazzo è ben allenato, tutte espressioni di appartenenza a una famiglia “volkisch”, razzista, dove l’educazione è incentrata sui classici ruoli di genere e l’allevamento di un vero uomo e una vera donna che diventerà una vera madre tedesca. Contromisure? Spiegare ai genitori che stili genitoriali autoritari e di genere stereotipati limitano le molteplici scelte dei bambini. Creare a scuola angoli di gioco e di coccole per tutti, per esempio, e proseguendo con gli esempi, pasti etnici, materiali pedagogici provenienti da culture diverse.

IL BAMBINO CON LO SMALTO

Non manca il caso della madre arrabbiata dopo aver visto tornare dall’asilo il proprio figlio con le unghie smaltate e che chiede alla scuola che questi non venga “confuso”. Risposta corretta dell’educatrice, secondo l’opuscolo, è ribadire che la «diversità di genere e la tolleranza sono benvenute nella scuola materna» e che i bambini dovrebbero essere incoraggiati a «sperimentare con se stessi». Naturalmente la mamma in questione, opponendosi allo smalto sulle unghie del figlio maschio, viene ascritta al contesto delle ideologie fondamentaliste e della neodestra. Lo stesso, per capirci, rappresentato da persone come Gabriele Kuby, sociologa, critica letteraria, scrittrice, ex femminista sessantottina convertita al cristianesimo:

«L’obiettivo è il superamento dell’“eterosessualità forzata” – aveva raccontato a Tempi – e la creazione di un uomo nuovo, cui lasciare la libertà di scelta e di godere della propria identità sessuale indipendentemente dal suo sesso biologico. Chiunque si contrapponga a ciò, singole persone o Stati, viene discriminato come “omofobo”. Si tratta di un attacco mondiale all’ordine della creazione e, così facendo, all’intera umanità. Esso distrugge il fondamento della famiglia e in questo modo consegna ai despoti di turno la persona che non riesce più a riconoscersi, se uomo o donna».

Il 25 ottobre 2015 nel teatro Schaubühne di Berlino era andato in scena uno spettacolo intitolato Fear (“Paura”): sul palcoscenico erano apparsi degli zombie di nazisti con le facce di cinque personaggi considerati “nemici pubblici”  in Germania a causa della loro battaglia contro la ridefinizione del matrimonio e della sessualità umana: tra gli altri, lo zombie di Kuby.

NON SPIAMO I GENITORI, RIEDUCHIAMO I LORO FIGLI

La diffusione dell’opuscolo ha suscitato un vespaio in Germania. «Non è compito dello Stato e delle scuole materne controllare e correggere il modo di vivere dei genitori» sostengono editorialisti come Gunnar Schupelius. «Gli insegnanti dovrebbero prendersi cura dei nostri bambini, educarli e insegnare loro i valori, ma non dovrebbero controllare e correggere l’orientamento politico dei genitori», chiosa Nadine Schön, vicepresidente della Christian Democratic Union (Cdu). Perfino la Bild è stata accusata dalla Fondazione Amadeu di diffondere, alla stregua del populismo di destra, «malintesi diffamatori attraverso omissioni decisive»: nessuno, spiega la Fondazione sul sito “rispondendo” alle tantissime critiche piovute all’indirizzo degli autori, chiede che questi genitori vengano denunciati o privati dei figli. Ma semplicemente invitati per un colloquio. Ancora: la dispensa non spiega «come riconoscere i “genitori di destra”», bensì elenca «casi concreti di comportamento estremista di destra e comportamento razzista» al fine di combattere le discriminazioni quando vengano espresse all’asilo nido. Le trecce? Non è che tutte le bambine con le trecce sono figlie di razzisti, ma «la citazione è tratta da un studio concreto che tratta di genitori che sono noti per appartenere al cameratismo di estrema destra».

ESCLUSO DALLA SCUOLA IL FIGLIO DI UN DEPUTATO DELL’AFD

Naturalmente, non tutte le preoccupazioni espresse sono di per sé infondate e tutte le osservazioni avventate sono sempre motivate da motivi razziali, annotano tranquillamente gli autori dell’opuscolo. Tuttavia, se queste diffondono e portano con sé disuguaglianza, «è necessario reagire. Perché avvelenano il clima sociale nelle istituzioni», «non farlo può diventare un apripista per più agitazioni e attori misantropici e razzisti».

CHI DISCRIMINA CHI?

Qualcuno ha notato che nella Ddr e nello stato nazista i bambini venivano indottrinati e persino usati come informatori contro i loro genitori; qualcun altro ha ricordato che la fondazione è guidata da una ex collaboratrice della Stasi Anetta Kahane. Nel 2015, nei giorni in cui andava scena Fear, veniva dato fuoco alle auto di due dei cinque personaggi pubblici rappresentati nello spettacolo. È di questi giorni la notizia che una scuola privata steineriana ha respinto la richiesta di iscrizione di un alunno, poiché il padre è deputato dell’AfD, il partito di estrema destra, al Parlamento di Berlino. «Le opinioni nazionalistiche e xenofobe del padre possono influenzare il bambino e minacciare la pace della scuola» è stata la difesa dell’istituto, ripresa ieri dal Corriere. Bene, quindi, chi discrimina chi? In altre parole, se l’ideale di democrazia è liste di proscrizione, strette di bulloni fin all’asilo e caselline del sesso vario per liberare il mondo da ogni male nel giro di un ambarabaciccicoccò, stiamo freschi.

Tags: gabriele kubyGermaniaIdeologia Genderpopulismorazzismo
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