
La vittoria della Lazio (e della speranza per tutti noi)
Cari amici, il campionato è finito e mi trovo in un grande essiccatoio ad asciugarmi dopo l’alluvione di Perugia. Con me c’è il povero Carlo Ancelotti, bagnato e sconfitto. Siccome non si dà pace ho cercato di consolarlo raccontandogli di quando il vice-direttore di un giornale dove lavoravo fu prelevato addirittura dall’aereo privato dell’editore di un altro giornale e portato a firmare il nuovo contratto con quel quotidiano. Alla sera, in tipografia, lui, molto simpatico, spiegava, lusingato, l’accaduto: l’aereo, le hostess, il nuovo stipendio. Io, perfido, gli dissi: “Caro, sono felice per te, ma anche per tutti noi. Se ce l’hai fatta tu, possiamo farcela tutti”. Lo stesso ripeto ad Ancelotti e a quanti hanno scritto e detto che, alla fine ha trionfato l’onestà. Sbagliato: ha trionfato la speranza. Se un campionato l’ha vinto Eriksson, persona squisita sia ben chiaro, con il quale mi attarderei davanti a un piatto di aringhe con salsa al rafano, può vincerlo chiunque. Lo stesso Ancelotti, magari. E ognuno di noi può puntare con speranza ai suoi obbiettivi: la vicina di casa o il superenalotto. Personalmente mi candido fin da ora al premio Pulitzer, che non ho mai capito in cosa consiste, però citarlo è molto a la page.
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