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Scrivere un libro è sempre un’esperienza affascinante: permette di solcare acque sconosciute, scoprire panorami celati e costruire un legame affettivo con la materia che si cerca di addomesticare. Scrivere è un po’ come imparare ogni volta l’alfabeto, guardare e vedere una bellezza che appare nuova, perché sconosciuta, non ancora abbracciata. Raccontare don Angelo, cercare di tracciare una narrazione dentro i passi dei suoi giorni, è stato come incontrare un amico che non si può sognare. Impalpabile per me che non ho avuto la possibilità di incontrarlo, di conoscerlo quando ancora la sua presenza era cosa di questo mondo.
Il dipinto della sua figura mi è giunto come un impeto impudente, una stilettata dritta al cuore, la ferita di una bellezza incapace di sfiorire, perché eterna, immortale, presente. Solo grazie alla sua “compagnia” di Milano e di Jerago con Orago (Va), dove ha concluso i suoi giorni, sono riuscito a ordinare i passi.
Ho raccolto, ascoltato, preso appunti....
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