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La verità è che i soldi ci sono ma servono a telefonare

I giovani si dice sono alla frutta. Diamo loro un aiuto che sia consistente, quando si affacciano, si fa per dire, alla vita civile. Macché, solo il 60 per cento ne ha usufruito

Giuliano Ferrara
08/10/2017 - 3:00
Società
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giovani-cellulare-ansa

Articolo tratto dal numero di Tempi in edicola (vai alla pagina degli abbonamenti) – Quando lo Stato elargisce sono in pochi a incassare. Era già successo con la famosa tessera sociale di Tremonti. Bisognava dimostrare che i vecchi muoiono di fame e che sono in tanti a non arrivare alla fine del mese, ci voleva la tessera della crisi contro i “rischi fatali” del capitalismo sregolato. Com’è come non è, pochi l’hanno usata, di quelli che teoricamente ne avevano diritto. Ne è nato come sempre un dibattito di cifre confuse, è troppo difficile accedere, la colpa è dell’amministrazione, ma sì che l’hanno usata, ma no che non l’hanno usata. Insomma, non ci si capiva niente, ma in bilancio parecchi soldi sono rimasti, il disinteresse fu notevole, in un paese dato per povero. Poi è venuto il bonus cultura per i diciottenni di cinquecento euro, una bella sommetta per libri concerti musei, che non sono proprio la monnezza del mondo, almeno non ancora.

I giovani si dice sono alla frutta. Diamo loro un aiuto che sia consistente, quando si affacciano, si fa per dire, alla vita civile. Macché, solo il 60 per cento ha usufruito del bonus, restano in cassa parecchi milioni non spesi. Disinteresse? Ma no, sarà colpa del fatto che non sono compresi i gusti musicali dei ragazzi, la loro voglia di elettronica invece che di carta e vetrine da museo e musica dal vivo. Chissà. Fatto sta che quando come si diceva lo Stato elargisce, e benevolmente, una strana indifferenza si impadronisce del consumatore.

Il ritratto dell’Italia è impossibile. Non c’è pittore che sappia dipingerlo. Non c’è sociologo, economista, non c’è politico che ci si raccapezzi. Socialmente, sfuggiamo a ogni definizione. Paese del nero, del grigio, dell’inafferrabile, del Pil sottotraccia, delle ricchezze insite in una costituzione economica materiale fondata su Stato e famiglia, l’unica cosa certa è che si allunga la lista dei lavori che non desideriamo fare, in particolare ma non solo nel Mezzogiorno, e dei consumi che ci sappiamo procurare senza la benevolenza dello Stato che ci presume poveri in canna. Giorgio Amendola negli anni Settanta scriveva cose magnifiche contro un certo sindacalismo che definiva “da fame” i salari operai. Non è vero, diceva con voce tonante il miglior comunista che ci sia mai stato in Italia, non è vero, e la verità ci fa liberi, inutile contare balle. Gli davano di puritano, sostenevano che la sua era un’etica liberale, che gli veniva dal padre, e non una sana deontologia e doverosa, di tipo comunista o sindacalista o movimentista. Lui se ne fotteva e replicava facendo scandalo. L’Italia non è come la dipingete.

Una pausa dalla vita difficile
Non esistono politici italiani capaci di dire che bisogna lavorare di più, che si guadagna abbastanza per vivere e consumare, che si può aumentare la produttività del lavoro, strappare all’Europa condizioni migliori per gli investimenti, ma riducendo la spesa pubblica improduttiva, favorire con le leggi sul mercato del lavoro la mobilità sociale, se appena ne appaia uno ecco che lo smentiamo, lo disselliamo, lo cacciamo. La frase più famosa di De Gasperi, quello che ci tenne da questa parte della cortina di ferro alleato con Pio XII, è rimasta come simbolo del cinismo, e invece fece da corona al boom: «Imparate le lingue e andate all’estero». Un massacratore sociale. Ora si parla di fuga dei cervelli, di impoverimento della nazione.

Nessuno ha voglia di compromettersi con le verità sociali inaudite. Il melodramma non prevede altro che arie o cabalette fatte per compiangere e compiacere l’elettorato cosiddetto incazzato. La casta, non diva, regna sovrana nell’immaginario operistico nazionale del malcanto. I media fanno a gara nel ritrarre un’Italia che non c’è. La verità è che i soldi ci sono ma non servono a comprare libri, non servono a farsi un’identità, servono a telefonare, chiacchierare, cliccare, prendersi una pausa dalla vita difficile che dovrebbe formare una generazione di cittadini perfino nel XXI secolo. Il servizio militare non c’è più. Manco quello civile. E non c’è più altro rapporto con lo Stato e la bandiera che quello del bonus, ma nemmeno quello, non lo ritirano.

@ferrarailgrasso

Foto Ansa

Tags: giovanitelefonini
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