
La vergognosa sceneggiata del Conte libico

Caro direttore, purtroppo avevo ragione, quando alcune settimane fa proposi che la nostra Rai tornasse a chiamarsi Eiar, come ai tempi del fascismo. La Rai, e soprattutto il TG1, per forza di cose, è sempre stata filogovernativa, ma mai in modo sfacciato (al limite del ridicolo) come da quando impera Giuseppe Conte. Ne abbiamo avuta una riprova giovedì 17 dicembre, quando la nuova Eiar ha dato la notizia della “liberazione” dei pescatori italiani, prigionieri per più di 100 giorni di un governo illegittimo libico. Rai/Eiar ha dato un risalto enorme alla notizia, magnificando l’opera del governo, intervistando il nostro grande ministro degli Esteri, che per l’occasione si è persino tolto la mascherina per farsi vedere meglio, sentendo i parenti dei pescatori per far loro gridare viva Conte, viva Di Maio. Rai/Eiar ha fatto passare l’episodio come una grande vittoria italiana. Peccato che si sia dimenticata di dire (o anche solo di accennare) che tale “vittoria” è stata il frutto di una penosa e vergognosa sconfitta politica: il riconoscimento di una autorità libica che non ha alcuna legittimità. Probabilmente, non è stato pagato alcun riscatto in termini economici, ma l’Italia ha sicuramente pagato un pesante riscatto politico, che la rende sempre più debole e risibile sul complicato scacchiere internazionale. Sola una Eiar poteva magnificare l’impresa dei due pellegrini in Libia, dove sono andati solo per cedere, di fronte a tutto il mondo, alla richiesta di un usurpatore. Naturalmente, siamo tutti molto felici che i pescatori siano tornati alle loro combattive famiglie, ma non era il caso di cantare vittoria, come ha fatto la nostra radio-tv di regime. La quale è sempre prona alla richiesta di spazio pubblicitario richiesto da Giuseppi, come è capitato in occasione di ogni Dpcm e non solo.
Esiste, dunque e come, il problema Rai, che, però, si inserisce nel tema più vasto del modo con cui i mezzi di comunicazione ci “governano” o tentano di farlo. Lo fanno, sia comunicando solo ciò che vogliono e come vogliono, sia (e forse soprattutto) tacendo ciò che vogliono censurare. Nel caso appena citato, per esempio, Rai&Company hanno volutamente taciuto il riscatto politico pagato dall’Italia alla Libia. Insomma, è come se ci fosse un patto tacito tra la stragrande maggioranza dei mass media, patto sigillato in nome del “politicamente corretto”, che obbliga ad obbedire acriticamente ad un pensiero unico sempre più opprimente. Appare sempre più grande, dunque, il problema della libertà reale che regge le nostre democrazie, perché, a lungo andare, non resiste una libertà senza verità. Senza verità, crediamo di essere liberi, ma, in sostanza, ci chiniamo inconsciamente al Sovrano di turno. Meno male che, almeno, c’è Tempi, che costituisce un’isola di libera verità. Collaboriamo tutti perché l’isola diventi un intero continente. Buon lavoro, dunque, oltre che Buon Natale.
Peppino Zola
Foto Ansa
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