
La spia venuta dal freddo
Il 18 luglio del 1980, tra le 11 e le 11 e 30 della mattina, vicino al centro di Castelsilano, sulla Sila in Calabria, precipitò un Mig-23 libico. Undici testimoni, tra cui il parroco e il farmacista, sentirono il frastuono dell’aereo in picchiata e il boato dell’impatto al suolo. Alle 13, alla stazione dei Carabinieri di Cucurri, il carabiniere Francesco Pirro ricevette la telefonata di quanto era accaduto. Sul posto arrivarono diverse persone, medico legale compreso, autorità militari e qualcuno dei servizi di sicurezza. Il Mig libico era disarmato e con i serbatoi di benzina vuoti. A bordo un pilota morto, dall’apparente età di 25 anni.
L’Aeronautica italiana, attraverso il suo servizio informazioni, il Sios, stilò un primo rapporto e si complicò irrimediabilmente la vita. In effetti, quasi tutti i rapporti, che presumevano la fuga di un Mig dalla Libia per raggiungere le coste italiane tennero conto di una contemporanea nota dell’ambasciata della Libia a Roma, in cui si informava le autorità italiane che, alle 10 e 30 del 18 luglio 1980, un Mig libico, in volo di addestramento, aveva interrotto i contatti e che il pilota, colto da malore, aveva continuato il volo fino all’esaurimento del carburante.
Seguì poi l’istituzione di una commissione italo-libica, in cui, per non dispiacere a Tripoli, si accettarono tutte le inesattezze che i libici dissero per nascondere soprattutto un fatto: il pilota era fuggito dal loro paese volando a bassissima quota e cercando di raggiungere l’Italia. Ma il fatto, in se stesso, appariva chiaro. Il pilota dell’aereo fu sepolto, dopo che il medico legale aveva stilato il referto di morte. Chi poteva pensare che un episodio come questo poteva addirittura sconvolgere tutta l’inchiesta di Ustica?
Invece nacque un tormentone incredibile, di cui anche il giudice istruttore Rosario Priore sembra averne tenuto conto nelle sue conclusioni dell’inchiesta. Il 22 luglio 1980, i professori Erasmo Rondanelli e Anselmo Zurlo vengono incaricati dalla procura di Crotone di esaminare il cadavere del pilota per accertare le cause che avevano determinato l’incidente. I libici parlavano di malore…
I due periti che fanno l’esame autoptico il 22 luglio stilano una nota aggiuntiva nella quale spiegano, a sorpresa, che “la morte doveva essere retrodatata almeno di 15 giorni prima dell’espletamento dell’esame autoptico”. Ovviamente succede un “quarantotto”, perché 22 meno 15 fa 7, ma tutto si avvicina al 27 giugno, data del disastro di Ustica. E a quel punto il gioco sembra fatto: quel Mig libico è l’aereo, secondo il “partito del missile”, che ha partecipato alla battaglia aerea in cui fu abbattuto il Dc9 Itavia.
Tutto questo sembra reggere fino al 26 luglio 1989, fino al giorno di una riunione della Commissione stragi in cui i professori Mario Alberto Dina e Giusto Giusti ascoltano Rondanelli e Zurlo, gli autori dell’autopsia del 1980. Alla fine la conclusione è unanime. Quel pilota non poteva essere morto prima del 18 luglio. Gli stessi Zurlo e Rondanelli ammettono i loro errori e ne convengono. Alla riunione della Commissione, quel giorno, partecipano: Gualtieri, Battello, Granelli, Angelisi, Cipriani, De Julio, Staiti di Cuddia, Zamberletti. Sono presenti anche i collaboratori della Commissione: Sansone, Santero, Priore e Gennaro.
Tutto a posto? Ma neanche per sogno! La Commissione e gli esperti, evidentemente, non contano nulla. Stando a uno dei più famosi “trombettieri” della ragion di Stato e delle conclusioni dell’inchiesta, il giudice istruttore avrebbe inserito la vicenda del Mig-23 libico nella spiegazione della battaglia aerea. Lo si apprende dal Corriere della Sera di giovedì 9 settembre in un articolo firmato da Maria Antonietta Calabrò. E il cadavere del pilota? Le perizie? Tutto “aereo”, forse come la battaglia. Il cadavere del pilota libico sarebbe stato nascosto in un frigorifero per tre settimane, in una ghiacciaia del comando militare di Gioia del Colle, nel bancone bar, che poi fu dichiarato fuori uso il 17 luglio. Ecco la prova che il pilota è morto il 27 giugno 1980! Insomma, John Le Carrè è veramente un dilettante nel ricostruire manovre diversive dei servizi segreti. Deve andare a scuola dai vecchi generali del Sios e dai cronisti del Corriere.
0 commenti
Non ci sono ancora commenti.
I commenti sono aperti solo per gli utenti registrati. Abbonati subito per commentare!