«La spending review potrebbe annullare le differenze tra scuola paritaria e statale»
Da oggi, cliccando sul sito del Governo italiano alla voce “spending review”, i cittadini si troveranno davanti alla sezione “Esprimi un’opinione”, uno spazio dove potranno segnalare eventuali sprechi di denaro nei servizi pubblici. Anche se le denunce non potranno essere anonime, c’è chi già paventa, con qualche ragione, un incoraggiamento alla delazione e un segno di ammissione di incapacità operativa. Ma c’è anche chi questo appello lo prende sul serio e lo ritiene un’ennesima occasione per riprendere l’antica battaglia del “pluralismo dell’offerta formativa nella scuola italiana”. «Dire che non ci sono più soldi per la scuola mi sembra riduttivo», chiosa Maria Grazia Colombo, presidente uscente di Agesc. «La vera questione che ho sottoposto al dott. Enrico Bondi, a cui ho scritto una mail come cittadina italiana, è: “Quanto costa un alunno della scuola statale e quanto uno che frequenta la scuola paritaria?”
Ma come presidente di Agesc, ha lei stessa dato una risposta con un documento pieno di numeri e dati
Certo, ma attenzione: qui non c’entra niente l’ideologia, la confessionalità, la filosofia, il pregiudizio. Il nostro è un discorso tecnico. C’è un modello paritario a cui guardare, come modello di autonomia responsabile in atto, che produca efficienza e qualità a minor costo.
Questo cosa c’entra con la spending review?
Il nostro dossier lo dimostra: la scuola paritaria sa quanto costa un suo alunno, in media 4000 euro. Perché non lo sa la scuola statale? Noi di Agesc, facendo una semplice operazione, abbiamo guardato all’impegno di spesa che lo Stato, attraverso la Finanziaria, mette in atto rispetto alla scuola statale: ogni alunno costa circa 6.600 euro. Un costo, questo, generato solo dagli stipendi degli insegnanti, in cui non è valutato il costo degli immobili, gestiti dagli enti locali e quindi non esposti in Finanziaria.
Quindi tagliamo la scuola statale?
Non dobbiamo risolvere i problemi delle risorse statali potenziando la scuola paritaria. Quello che contestiamo è la discriminante che c’è tra il costo dell’alunno della scuola paritaria e quello della statale, entrambi alunni del sistema nazionale d’istruzione. E questa discriminante potrebbe essere scardinata dalla spending review. Se Bondi mettesse mano al sistema scuola, non potrebbe ignorare il modello paritario e domandarsi come fanno a vivere queste scuole.
Mi scusi se insisto, ma per avere una scuola statale più snella è necessario operare dei tagli.
Non saranno tagli, bensì riequilibri. Anzi, toccando certe voci di spesa, come lo snellimento della struttura centrale, la riorganizzazione della struttura territoriale, la razionalizzazione dei distacchi e comandi, il riequilibrio della rete scolastica regionale e la proporzione tra docenti e classi di alunni, salterebbero fuori delle risorse. E sto parlando di scuola statale, dove ci sono poteri che si accavallano. La scuola paritaria non può permettersi niente di tutto ciò e deve fare sempre molta “sintesi”. Come scuole paritarie chiediamo il riequilibrio dei finanziamenti, e il riallineamento del costo per alunno, al seguito di un lavoro di razionalizzazione delle spese nella statale. Penso a Bondi come a un chirurgo che operi un corpo malato usando la precisione del bisturi e non il coltello del macellaio.
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