La settimana 11

Di Tempi
15 Marzo 2001
Gli imbecillotti, De Mauro e una strana telefonata

«Imbecille: debole, chi è menomato nelle facoltà intellettive per ritardo mentale o anche per ritardo o malattia; come epiteto ingiurioso, di chi dimostra scarsa intelligenza». La definizione è tratta dal “Dizionario della lingua italiana” di Tullio De Mauro. È uno dei cartelloni che si leggono in questi giorni all’entrata dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano e porta la firma di alcuni dei 150 “imbecillotti” (così definiti dal ministro) che lunedì 5 marzo hanno inscenato un’insolita protesta sotto il suo naso. E i 150 gli hanno rigirato il “complimento” chiedendo se «è alla formazione di imbecilli che mira il suo operato». Ma si proceda con ordine.

Il piano va in fumo
In una delle bacheche dell’università compare l’annuncio del convegno di glottologia “Alterità nella dinamica delle culture antiche e medioevali”. Fra i vari nomi spicca anche quello del professore ordinario di linguistica generale Tullio De Mauro, attuale ministro dell’Istruzione Pubblica, invitato a tenere una lezione su “Il seme della differenza, tra natura e storia”. Gli onori di casa sono affidati al magnifico rettore Sergio Zaninelli. Sebbene l’avviso sia stato appeso in un angolo ben nascosto dell’ateneo, sorprende che l’aula Pio XI sia stracolma di studenti e giornalisti. Chi frequenta l’università sa benissimo che né agli studenti né (tantomeno) ai giornalisti può importare molto dei dibattiti glottologici e linguistici. Sono conferenze per addetti ai lavori che poco attirano l’interesse di profani della materia. Eppure non si trova un posto nemmeno a pagarlo oro. Se della presenza dei ragazzi si dirà in seguito rimane l’arcano sull’interesse dei colleghi giornalisti per l’incontro. Lo stesso rettore dirà poi di non avere dato nessun input al suo ufficio stampa; che il ministro stesso si sia premurato di portarsi il corteo? Lanciare messaggi da una delle sedi della cultura cattolica fa sempre un certo effetto. Il piano è ben congeniato ma qualcosa va storto. Dopo ben dieci minuti di applausi per il discorsetto introduttivo di Zaninelli prende la parola il ministro. Un ragazzo nelle prime file alza un cartello: «Gli animali si addestrano, gli uomini si educano». È il segnale. Si alzano in piedi il resto dei giovani “appassionati glottologi” sventolando cartellini rossi e una caricatura di De Mauro con le orecchie d’asino (che ci sembra di conoscere ndr). Poi, in silenzio, gli studenti abbandonano l’aula lasciando il povero ministro in braghe di tela. A nulla valgono i suoi inviti al dialogo, non fa nemmeno in tempo a piangere che l’aula si svuota. Rimangono dentro in pochi, quattro sul palco a parlare e una trentina a confortarli (tra cui anche la moglie del ministro): «Ministro ci scusi, ministro non sapevamo, ministro noi non potevamo sapere».

Solo quattro? Sono molti di più
Al ministro, giunto per la consacrazione “cattolica” alla sua riforma, rimane solo l’amara constatazione del fallimento. E che fa l’illustre linguista per giustificarsi? Minimizza. «Sono solo quattro imbecillotti» dichiarerà nervosamente fra una sigaretta e l’altra. Ma i “quattro imbecillotti” si consolino, sono in buona compagnia. Fra le loro schiere si trovano anche Angelo Panebianco, politologo liberale, e Luciano Canfora, storico comunista, che hanno firmato assieme un appello apparso sul Corriere di martedì 6 marzo dal significativo titolo “Riformiamo la riforma”. I due intellettuali annotano come la riforma universitaria abbia «prodotto alla fine una gabbia d’acciaio, una cappa rigidissima» che «rischia di accelerare, non di frenare, il processo in atto di deterioramento del sistema universitario». A questi si aggiungano Gino Amiconi, docente di Chimica alla facoltà di Medicina di Roma, Giampio Bracchi, prorettore del Politecnico di Milano, Carlo Angelici, preside della facoltà di Giurisprudenza alla Sapienza di Roma, che dichiarano, tutti sul Foglio di mercoledì 7 marzo, la propria insoddisfazione per la situazione. E l’elenco si allunga ancora con i nomi di Ernesto Galli Della Loggia, Francesco Barbagallo, Giovanni Belardelli, Luciano Canfora, Giorgio Cracco, Franco Della Peruta, Giuseppe Galasso, Carlo Ghisalberti, Francesco Perfetti, Giuliano Procacci, Paolo Prodi, Marco Tangheroni, Nicola Tranfaglia, Francesco Traniello, Pasquale Villani, Rosario Villari, Cinzio Violante (la lista prosegue con altri 15 nomi) che hanno firmato un documento in cui chiedono delucidazioni sull’insegnamento della storia. Non vorrebbero che l’attuale riforma dei cicli «pregiudichi la piena valorizzazione dell’identità culturale italiana ed europea, e appiattisca la diversità di valori e di conquiste civili». In calce alla lista ci si aggiunga pure la banda di Tempi, involontario fornitore della caricatura di De Mauro, ma strenuo sostenitore del “club degli imbecillotti”.

Il dribbling di Serginho e la telefonata
L’episodio fa clamore, persino l’Herald Tribune dedica un articolo alla singolare protesta dei centocinquanta. «Occorre far chiarezza» avrà pensato il rettore Sergio Zaninelli che si affretta a rilasciare un’intervista mercoledì 7 marzo a La Repubblica. Il magnifico riesce a tenere i due piedi nella stessa scarpa. Una frecciata alla riforma, una agli studenti. Un elogio al buon operato del ministro, uno alla «vitalità» dimostrata dagli studenti. Un dribbling fra le prese di posizione degne del laterale sinistro del Milan. E gli indefessi imbecillotti replicano con un cartello che appoggiano a lato del suddetto. «Il dribbling di Serginho» è il titolo (Sergio è il nome di Zaninelli) che compare sopra la riproduzione ingrandita dell’intervista. Più esplicito del suo superiore è il portavoce dell’ateneo che non può «tollerare questi episodi», e il responsabile scuola del Ppi, Franco Ciliberti, che dichiara: «I talebani, evidentemente, non sono tutti e solo in Afghanistan». Ed ecco il terzo cartello che va a fare compagnia a quello per De Mauro e per Serginho: «I talebani non sono solo in Afghanistan sono al governo». Insomma, ce n’è per tutti, nemmeno il microscopico Ppi viene dimenticato. Ma più sorprendente risulta la posizione della sinistra extraparlamentare che in Cattolica porta il nome di gruppo “ULD” (Unità Lotta Democrazia). Sulle pareti dell’ateneo appare, infatti, la loro pagella: 5 al ministro e 6- ai contestatori. Intanto di aula in aula si diffonde la voce che “il partito” abbia telefonato a quelli di ULD intimando di staccare le pagelle dal muro. «Che fate, appoggiate gli imbecillotti e attaccate un nostro ministro?» è la domanda. «Sì» è la risposta. E il cartello è ancora appeso. Il ministro De Mauro ha fatto sapere che tornerà all’insegnamento universitario dove, avrebbe confidato a un amico, «si fatica di meno e si conta di più».
Gli imbecillotti d’Italia si augurano che il ministro tenga fede a questo suo impegno. Anche perché, come ha profetizzato l’Elefantino sul Foglio: «Il futuro è degli imbecillotti».

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