“La sala professori”, tragedia con capolavoro educativo
È al cinema La sala professori, intrigante pellicola tedesca candidata ai prossimi Oscar come miglior film straniero.
Mi ha impressionato per tre motivi.
Il primo è che l’attrice protagonista, Leonie Benesch, è magnetica e bravissima, così come è credibile anche il resto del cast, ragazzini compresi.
Il secondo è che, per mettere in scena la scuola di oggi, il regista Ilker Çatak si è rifatto in modo scoperto alla tragedia classica greca. La vicenda è incastrata in un’asfissiante unità di luogo, sempre all’interno delle mura scolastiche, con appena una capatina fuori, in una scena chiave. L’unità di tempo stringe in pochi giorni i fatti narrati, il dialogo (interrogatorio o deliberativo) prevale sull’azione. Il ritmo è molto sostenuto. Soprattutto la protagonista, come Edipo, più cerca di fare il bene (indagando sul colpevole di un furto), più si ritrova invischiata nei guai e addirittura viene messa alla gogna lei stessa, un po’ naïf, un po’ Idiota dostoevskijano. Una tragedia di argomento scolastico, con un rovesciamento dall’ordine al caos quasi completo, se non fosse per il finale, che non voglio rovinare.
Motore del dramma? L’ipocrisia, il politicamente corretto, la paraculaggine dei colleghi, la supponenza dei genitori. Chi più ne ha più ne metta. In Germania hanno strutture scolastiche più belle e pulite, ma anche i medesimi nostri problemi, a quanto pare.
La cara antica matematica
Terzo, ultimo e più interessante motivo. La scuola in Italia (e forse non solo) sta investendo con decisione in due settori: quello tecnologico (si pensi a come vengono destinati i milioni del Pnrr) e quello psicopedagogico (si pensi a titolo di esempio al concorso straordinario prossimo venturo: cinquanta domande a risposta multipla, nessuna delle quali verterà sulle materie di indirizzo, ma solo appunto su contenuti di psicologia, pedagogia et similia). Evidentemente si crede (in buona o in cattiva fede) che queste due armi bastino per vincere la battaglia dell’educazione delle nuove generazioni.
Ne La sala professori invece si assiste al capolavoro educativo (che pure passa attraverso una serie apparentemente infinita di insuccessi) di una professoressa che, da un lato, non antepone alcuno strumento tra il proprio volto e quello dell’alunno, instaurando un rapporto quanto mai diretto e personale; e, dall’altro, mentre i suoi escamotage pedagogici vengono ridicolizzati senza mezzi termini dagli studenti, la prof è infine in grado di condurre questo alunno in crisi oltre le sue difficoltà puntando tutto su ciò che a costui infiamma l’animo: la cara antica astratta matematica.
Più chiaro di così. Chapeau.
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