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La ridicola liturgia antifascista è solo un’arma al servizio del capitale

È questo il principale dispositivo con cui l’oligarchia finanziaria e il suo clero postmoderno annichiliscono ogni pulsione antisistemica della classe lavoratrice

Diego Fusaro
24/10/2017 - 1:00
Società
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SICUREZZA: SIT-IN CENTRI SOCIALI ROMA, CONTRO OGNI FASCISMO

Articolo tratto dal numero di Tempi in edicola (vai alla pagina degli abbonamenti) – Giusto e necessario ai tempi di Gramsci e di Gobetti, ossia in presenza del fascismo, l’antifascismo diventa oggi l’alibi per l’accettazione dell’integralismo economico classista: permette alle forze del quadrante sinistro di mantenere viva la lotta contro un nemico estinto, per evitare quella con il nemico vivente, al quale sono divenute organiche. Per questa via, esse possono occultare la mutazione genetica che le ha portate all’adesione integrale al classismo capitalistico e alla propria ridefinizione nei termini di una new left arcobaleno e market-friendly, antifascista e anticomunista: la quale si presenta come un’inedita Internazionale del liberalismo culturale ed economico e del mondialismo desovranizzante e post-umano che è pienamente complementare rispetto all’Internazionale liberal-finanziaria della Destra del Danaro.

Da seria pratica politica e culturale di opposizione al colonialismo e di affermazione della sovranità patriottica dello Stato italiano, l’antifascismo diventa, nel secondo Novecento, una caricatura fumettistica di legittimazione del market system mediante il dirottamento delle armi della critica verso il perenne nemico fascista in realtà inesistente (oggi mero ens imaginationis) e, di più, falsamente identificato con ogni progetto di resistenza al mondialismo capitalistico mediante proposte di risovranizzazione dell’economia.

Tempi a Caorle per il Premio Luigi Amicone 2023 - Chiamare le cose con il loro nome Tempi a Caorle per il Premio Luigi Amicone 2023 - Chiamare le cose con il loro nome Tempi a Caorle per il Premio Luigi Amicone 2023 - Chiamare le cose con il loro nome
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Un caso su tutti: Macron
Così si spiega la natura metamorfica delle sinistre che oggi seguitano lungo la via dell’antifascismo in assenza di fascismo per non essere anticapitaliste in presenza di capitalismo. Dal Sessantotto e, a maggior ragione, dopo l’Ottantanove, l’antifascismo diventa un dispositivo ideologico a beneficio del regime liberal (e della sua new left di completamento ideologico), che lo impiega per tutelarsi dalle critiche degli avversari del globalismo della democrazia di libero mercato e dal pericolo di un reale esercizio democratico realizzato dal corpo sociale in vista del recupero della propria sovranità in ogni ambito.

Per questo, alla stregua del collaudato canovaccio dell’anticomunismo in assenza di comunismo, l’antifascismo è, nella cornice del capitalismo assoluto, il principale dispositivo mediante il quale l’oligarchia finanziaria e il suo clero postmoderno ostracizzano e annichiliscono sul nascere qualsivoglia pulsione antisistemica della classe lavoratrice precarizzata e del ceto medio nazionale pauperizzato dai processi di mondializzazione infelice: l’union sacrée antifascista risulta, conseguentemente, destinata a risolversi immancabilmente in una santa alleanza in difesa della finanza e del free market system. Di più, l’antifascismo liturgico in assenza di fascismo diventa un diabolico meccanismo ideologico per impedire con metodo la valutazione dei fatti del presente iuxta propria principia.

Basti qui rammemorare il caso del trionfo alle elezioni francesi di Emmanuel Macron. Questi era notoriamente il candidato prodotto in vitro dall’élite mondialista, egli stesso banchiere d’affari nella compagnia Rothschild (e fautore di un “pacchetto” di riforme ultraliberiste al cui confronto perfino Reagan sarebbe apparso come un moderato), appoggiato con pieno sostegno dalle sinistre in nome dell’antifascismo; dove il “fascismo” in questione era identificato con le politiche non mondialiste, ma orientate al principio della sovranità democratica nazionale della candidata Marine Le Pen.

Da dove viene il vero pericolo
Soprattutto dopo il 1926, allorché il regime instaurò il nazional-capitalismo, con una completa separazione dall’originaria vocazione socialista che lo portò a divenire mera variante autoritaria e in tono minore dell’imperialismo di Francia e Gran Bretagna, l’antifascismo patriottico in presenza di fascismo coincideva con l’anticapitalismo. Oggi, dopo più di mezzo secolo dalla fine del fascismo reale, il folklore della liturgia antifascista in assenza di fascismo non soltanto smarrisce ogni determinazione anticapitalista, ma, di più, si pone come un semplice modo di adattamento al nuovo ordine capitalistico mondializzato e desovranizzante.

Così le sinistre allineate con il progetto capitalistico contribuiscono al riallineamento liberistico dell’immaginario politico delle nuove generazioni, indotte a pensare che il pericolo per la loro esistenza a tempo determinato sia il manganello fascista e non le “riforme” deemancipative varate con solerte continuità dalla stessa élite liberal-libertaria che fa dell’antifascismo l’arma per delegittimare ogni tentativo di rovesciare i rapporti di forza del nuovo totalitarismo glamour e permissivo, con free trade e free desire incorporati.

@DiegoFusaro

Foto Ansa

Tags: antifascismocapitalismo
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